Per portare la differenziata siciliana a livelli accettabili serve un miracolo. E quindi la Regione, che nonostante l'accelerazione degli ultimi anni è stata fotografata dall'Ispra a un deludente 21,7 per cento di rifiuti riciclati nel 2017, sceglie di affidarsi ai parroci. Perché nel frattempo le discariche sono sempre più piene, e mentre l'immondizia continua a finire sotto terra il sistema di smaltimento dell'immondizia - per il quale nei mesi si sono alternate ipotesi di ogni tipo, inclusa la possibilità di "esportarli", cioè inviarli oltre lo Stretto - sfiora sempre più spesso il tracollo. Così ecco l'idea, messa nero su bianco in un accordo firmato ieri dall'assessore regionale ai Servizi di pubblica utilità Alberto Pierobon e la Conferenza episcopale siciliana, rappresentata dall'arcivescovo di Catania Salvatore Gristina: fare diventare le parrocchie uno snodo del sistema della differenziata, coinvolgendo i sacerdoti e i fedeli.
Il primo passo, che in realtà ricalca (anche nel nome, "Opifici di pace") un progetto avviato due anni fa nella parrocchia di San Luca Evangelista a Caltanissetta e poi esteso ad altre chiese nissene, è affidarsi alle prediche per la "moral suasion". Così si è fatto appunto a Caltanissetta: dal pulpito, domenica dopo domenica, è arrivato un costante invito al riciclaggio del'immondizia, per una linea che i vescovi siciliani fanno discendere direttamente da Papa Francesco. “Gli Opifici di pace - diceva pochi giorni fa il vescovo di Monreale, Michele Pennisi - sono un’iniziativa che rispetta e attua la dottrina sociale della Chiesa e lo spirito dell’enciclica ‘Laudato si'’”. "Avere anche la Chiesa al nostro fianco e potere contare sulla forza persuasiva che ha la parola di un sacerdote che sale sul pulpito - gli fa sponda il presidente della Regione Nello Musumeci - è un grande vantaggio. Il traguardo collettivo di un ambiente più sano e vivibile è possibile e porterà, inoltre, benefici economici per tutti".
Di fatto a Caltanissetta ha funzionato: costruendo una rete a partire dal volontariato in parrocchia, ma anche permettendo ai fedeli di portare in chiesa il residuo secco, fra il 2015 e il 2017 la città ha raddoppiato la propria percentuale di riciclaggio, che da poco più del 7 è passata - ancora secondo i dati Ispra - al 15 per cento, e che secondo i report di aprile non ancora certificati dal ministero dell'Ambiente sarebbe volata poi addirittura al 35 per cento. "La ditta - diceva appena pochi mesi fa il sindaco di Caltanissetta, Giuseppe Ruvolo - ritira in parrocchia i rifiuti differenziati e ciò che il Comune ha risparmiato può essere trasferito alle parrocchie per progetti di utilità sociale”.
Già, perché il caos rifiuti è anche un problema di costi per i Comuni. Gli enti locali siciliani, già alle prese con bilanci asfittici, devono infatti pagare sia per il trasporto dell'immondizia indifferenziata nelle discariche - che in alcuni casi distano anche centinaia di chilometri - sia per lo smaltimento in sé e per sé, con un costo che può superare i cento euro a tonnellata. Considerato che la Sicilia produce oltre 2,2 milioni di tonnellate di immondizia all'anno, il risultato è un salasso.
A questo punto, dunque, la Regione decide di rilanciare. Anche perché l'obiettivo - un obiettivo che la Regione dichiara ormai da più di un decennio aggiornando di volta in volta la scadenza - è portare la differenziata almeno oltre il 40 per cento entro il 2020. Per due anni - con una convenzione che comunque è possibile rinnovare - nelle parrocchie nasceranno spazi di raccolta, lì i cittadini potranno recarsi per depositare i rifiuti accedendo tramite un tesserino di identificazione. "Ogni anno - assicura Pierobon - alle parrocchie sarà riconosciuto un doppio contributo: il corrispettivo dei consorzi Conai calcolato sulla base del volume dei rifiuti che riusciranno ad intercettare e il 50 per cento del risparmio ottenuto dal minore conferimento in discarica. Per gli utenti che parteciperanno alla raccolta, invece, è prevista una riduzione della Tari che i Comuni dovranno inserire all'interno dei propri regolamenti". Inseguendo un miracolo. O quello che almeno in Sicilia sembra tale.
Il primo passo, che in realtà ricalca (anche nel nome, "Opifici di pace") un progetto avviato due anni fa nella parrocchia di San Luca Evangelista a Caltanissetta e poi esteso ad altre chiese nissene, è affidarsi alle prediche per la "moral suasion". Così si è fatto appunto a Caltanissetta: dal pulpito, domenica dopo domenica, è arrivato un costante invito al riciclaggio del'immondizia, per una linea che i vescovi siciliani fanno discendere direttamente da Papa Francesco. “Gli Opifici di pace - diceva pochi giorni fa il vescovo di Monreale, Michele Pennisi - sono un’iniziativa che rispetta e attua la dottrina sociale della Chiesa e lo spirito dell’enciclica ‘Laudato si'’”. "Avere anche la Chiesa al nostro fianco e potere contare sulla forza persuasiva che ha la parola di un sacerdote che sale sul pulpito - gli fa sponda il presidente della Regione Nello Musumeci - è un grande vantaggio. Il traguardo collettivo di un ambiente più sano e vivibile è possibile e porterà, inoltre, benefici economici per tutti".
Di fatto a Caltanissetta ha funzionato: costruendo una rete a partire dal volontariato in parrocchia, ma anche permettendo ai fedeli di portare in chiesa il residuo secco, fra il 2015 e il 2017 la città ha raddoppiato la propria percentuale di riciclaggio, che da poco più del 7 è passata - ancora secondo i dati Ispra - al 15 per cento, e che secondo i report di aprile non ancora certificati dal ministero dell'Ambiente sarebbe volata poi addirittura al 35 per cento. "La ditta - diceva appena pochi mesi fa il sindaco di Caltanissetta, Giuseppe Ruvolo - ritira in parrocchia i rifiuti differenziati e ciò che il Comune ha risparmiato può essere trasferito alle parrocchie per progetti di utilità sociale”.
Già, perché il caos rifiuti è anche un problema di costi per i Comuni. Gli enti locali siciliani, già alle prese con bilanci asfittici, devono infatti pagare sia per il trasporto dell'immondizia indifferenziata nelle discariche - che in alcuni casi distano anche centinaia di chilometri - sia per lo smaltimento in sé e per sé, con un costo che può superare i cento euro a tonnellata. Considerato che la Sicilia produce oltre 2,2 milioni di tonnellate di immondizia all'anno, il risultato è un salasso.
A questo punto, dunque, la Regione decide di rilanciare. Anche perché l'obiettivo - un obiettivo che la Regione dichiara ormai da più di un decennio aggiornando di volta in volta la scadenza - è portare la differenziata almeno oltre il 40 per cento entro il 2020. Per due anni - con una convenzione che comunque è possibile rinnovare - nelle parrocchie nasceranno spazi di raccolta, lì i cittadini potranno recarsi per depositare i rifiuti accedendo tramite un tesserino di identificazione. "Ogni anno - assicura Pierobon - alle parrocchie sarà riconosciuto un doppio contributo: il corrispettivo dei consorzi Conai calcolato sulla base del volume dei rifiuti che riusciranno ad intercettare e il 50 per cento del risparmio ottenuto dal minore conferimento in discarica. Per gli utenti che parteciperanno alla raccolta, invece, è prevista una riduzione della Tari che i Comuni dovranno inserire all'interno dei propri regolamenti". Inseguendo un miracolo. O quello che almeno in Sicilia sembra tale.