Palermo

Palermo, addio a Bruno Caruso, il pittore dei ficus e dei matti

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Siamo orfani dei grandi ficus dalle foglie dipinte o incise una per una, e dei ragazzi e delle ragazze dai grandi occhi piazzati su volti scavati e zigomi taglienti, incorniciati da capelli come meduse: oggi, all’età di novantun anni, dopo lunga malattia, si è spento Bruno Caruso, inventore del paradigma di una pittura figurativa che era un tutt’uno con l’essere siciliano, alimentata da presenze così forti da sembrare saltate fuori da narrazioni fantastiche: chine e acquarelli, incisioni, pitture, questo il mondo in cui si dipanava l’universo fantastico dell’artista, nato a Palermo nel 1927, che dopo gli studi in giurisprudenza, nell’immediato dopoguerra, decide di raccontare le periferie diroccate e segnate dalla violenza della guerra con una prima personale costituita da disegni.

Nel 1947 è a Praga, poi Monaco e Vienna; conosce Thomas Mann che sarà uno degli scrittori che comporranno il suo mondo strettamente legato allla letteratura, e ancora a Milano conoscerà poco tempo dopo Vittorini e Quasimodo. Disegna la gente semplice della città, artigiani, pescatori, ama raffigurare le palme dell’Orto botanico di Palermo. La galleria Obelisco di Roma gli dedica una personale nel 1954, tornato in Sicilia disegna i contadini impegnati nelle lotte per l’occupazione delle terre, realizza un ciclo di disegni su Portella della Ginestra, diviene amico di Girolamo Li Causi, dirigente delle lotte contadine. Collabora all’Unità, a L’Ora, subisce processi e intimidazioni, mentre molti dei suoi amici cadono sotto i colpi della mafia, Mauro de Mauro, Cesare Terranova, Pio La Torre.

Negli anni Cinquanta lavora a  lungo al manicomio di Palermo e realizza un ciclo di disegni che testimoniano le condizioni disumane in cui erano tenuti i pazienti, vero e proprio manifesto contro violenza e vessazioni. Viaggia in Medio ed estremo Oriente, a Teheran frequenta un corso di calligrafia persiana, in Giappone si appassiona a Hokusai. Nel 1959 si trasferisce definitivamente a Roma, durante la guerra del Vietnam è invitato ad Hanoi dove disegnerà donne contadine guerrigliere.

Tra gli amici più cari ci sono Libero de Libero, Leonardo Sinisgalli, Enzo Sellerio, Leonardo Sciascia, Natale Tedesco e i pittori Fabrizio Clerici, Renzo Vespignani, Renato Guttuso, Giacomo Porzano. Tanti i libri pubblicati per raccontare viaggi ed esperienze, le cartelle di incisioni legate a poeti e scrittori.

Sposato in prime nozze con Vivi Maggio, gallerista che aveva aperto a Palermo la celebre galleria La Tavolozza, e da cui aveva avuto la figlia Marina, in seconde nozze aveva poi sposato Lidia Olivetti, figlia di Adriano, da cui era nato il figlio Roberto. Resta un patrimonio di opere preziose: ricordiamo l’artista in un autoritratto, come giardiniere all’interno di una serra popolata da ciò che più amava, piante, conchiglie, farfalle, canestri, nel respiro di una maditerraneità antica e presente.

Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha espresso il suo cordoglio: "La morte di Bruno Caruso segna la scomparsa di una delle figure più sensibili e impegnate del panorama artistico e culturale della nostra città. Un uomo che con una pittura e un segno inconfondibili ha saputo unire grande attenzione ai temi sociali, ha saputo dare voce e cittadinanza agli ultimi, ci ha ricordato profeticamente il valore umano e sociale dell'arte".