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'Ndrangheta: maxi confisca al clan Grande Aracri

Nel parmense sequestrati 146 immobili e quattro società di capitali per undici milioni di valore. Un arresto a Salsomaggiore
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Doppio colpo alla cosca di 'ndrangheta legata alla famiglia Grande Aracri di Cutro.

Oltre all'operazione Camaleonte della direzione distrettuale antimafia di Venezia, la Guardia di finanza di Cremona, aiutata dagli uomini delle Fiamme Gialle di Crotone, ha confiscato al clan beni mobili e immobili per un valore complessivo di 40 milioni.

Si tratta di 253 immobili industriali, commerciali e di civile abitazione tra le provincie di Parma, Reggio Emila, Modena, Mantova, La Spezia e Crotone, 19 società operanti nelle provincie di Parma, Reggio Emilia, Mantova, Verona e Crotone e 50 automezzi, compreso un intero parco di autoarticolati della società di Giuseppe Giglio, condannato a sei anni nel processo Aemilia.

Nel parmense, in particolare a Sorbolo, si tratta di 146 immobili e quattro società di capitali confiscati per undici milioni di valore. Patrimonio che passa allo Stato come già avvenuto, sempre a Sorbolo, con altri alloggi trasferiti alla Finanza.

I provvedimenti sono stati eseguiti a seguito delle condanne in primo grado nel maxi processo reggiano contro la 'ndrangheta. In dettaglio 62 dei beni confiscati, abitazioni e capannoni, si trovano in provincia di Reggio Emilia per un valore complessivo di 12 milioni. L’indagine, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha consentito alla Corte d’Appello del capoluogo emiliano di giungere alla definitiva condanna di esponenti di spicco della cosca stanziatasi nelle aree a cavallo di Lombardia ed Emilia.

Confisca anche per otto società di capitali con sedi tra Reggio Emilia, Reggiolo, Brescello e Gualtieri. Parte degli immobili e delle autovetture sono stati posti a disposizione delle forze di polizia, mentre gli autoarticolati sono stati consegnati al corpo dei Vigili del Fuoco per le proprie attività.

Le accuse della direzione distrettuale antimafia di Venezia comprendono associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al riciclaggio, usura, sequestro di persona, estorsione e emissione di fatture inesistenti.

Sono una ventina gli indagati reggiani, di origine calabrese e molti dei quali già condannati nel processo Aemilia. C'è anche un indagato residente a Salsomaggiore. Sette gli arresti con la misura in carcere: si tratta di Gaetano Blasco, Michele Bolognino (domiciliato a Parma, già condannato a 37 anni nel processo Aemilia e considerato il braccio destro del boss Nicolino Grande Aracri), Sergio Bolognino, Francesco Bolognino, Agostini Donato Clausi, Gianni Floro Vito, Giuseppe Richichi e Francesco Scida. Disposti gli arresti domiciliari per altri indagati reggiani: Antonio Brugnano, Marco Carretti, Salvatore Innocenti, Antonio Mazzei, Giuseppe De Luca, Segio Lonetti e Vincenzo Marchio.

Nell'operazione veneta è rimasto coinvolto Stefano Marzano, 46 anni, nato a Locri, residnete prima a Salso e poi a Parma. Arrestato con l'accusa di estorsione. Il fratello Antonio è stato condannato nel processo Aemilia. Perquisita in provincia di Parma una società che sarebbe coivolta in un giro di false fatturazioni.