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Il divertimentificio d’Italia

Percorrendo le strade di qualsiasi città, facendo zapping su qualunque rete televisiva, girando sui siti web (anche su alcuni stimati come quello di Repubblica), non è difficile incappare in diverse infime pubblicità di “Natale in Sud Africa”. E’ l’ennesimo filmetto in salsa porno-trash di Christian De Sica, nonché ottavo capitolo della serie “Natale a…” ed innumerato cinepanettone natalizio. Senza star qui a denigrare la ripetitività e la bassezza artistico-culturale del genere sorge spontanea qualche riflessione sul “divertimentificio d’Italia”.

I cinepanettoni sono i film che ogni anno si ripropongono come campioni d’incassi, superando i kolossal americani e imponendosi al primo posto delle classifiche nonostante siano di dubbio gusto.

C’è poi della musica “pop” incisa da “artisti” che, come per i colleghi del mondo in celluloide, spadroneggia ai primi posti delle classifiche di vendita. Stesso discorso vale per determinate trasmissioni televise. Nel campo editoriale ci sono le trasposizioni su carta delle tasmissioni TV di successo (da “Cotto e mangiato” a “I migliori anni della nostra vita”) e le biografia o i romanzetti scritti dai personaggi noti al grande pubblico per le ragioni sopraindicate (in genere si tratta di libri scritti da un ghostwriter su commissione e pagamento del volto noto di turno, normalmente poco avvezzo alla letteratura). Sui giornali\telegiornali invece la cronaca nera rimbalza sempre in primo piano finendo per confondersi con il gossip più infido.

Un’altra parte del Paese critica questi “prodotti del divertimentificio” aprendo un piccolo dibattito riassumibile in una domanda: la musica, il cinema, la televisione, i libri, i giornali debbono essere prodotti di cultura o d’intrattenimento? Il dilemma è enorme, gigantesco, e spesso si finisce per confondersi tra le sfaccettature che può assumere la parola “cultura” o la parola “intrattenimento” (la loro poliedricità è proverbiale, nda).

Ovviamente, la risposta esatta non sta da nessuna parte, si può solo dire che i prodotti della “cultura di massa” proprio in quanto tali, tendono ad assumere forme differenti che sta (manco a dirlo) alla massa scegliere. Proponendo un giudizio di valore si potrebbe affermare che la massa sceglie male. Qui si potrebbe entrare anche sul mondo della politica e la sua spettacolarizzazione, ma non siamo nella sede adatta -ma il lettore attento avrà capito qual è il riferimento-.

Tornano i brividi pensando agli usi che i totalitarismi facevano dei media, strumenti di propaganda o mezzi per “tener buona” la gente e il terrore (buon senso?) che non siamo vittime di un piano superiore. George Orwell nel suo 1984 parlava così di una sezione del Ministero della Verità (nel mondo di 1984 l’autore presenta una dittatura detta Socing -socialismo inglese- che reprime la libertà di opinione, pensiero, azione):

“Il Ministero non aveva solo il compito di rispondere alle svariate esigenze del Partito, ma doveva anche ripetere l’intero procedimento a un livello inferiore, specificamente rivolto al proletariato. Un’intera catena di dipartimenti autonomi si occupava di letteratura, musica, teatro e divertimenti in genere per il proletariato. Vi si producevano giornali-spazzatura che contenevano solo sport, fatti di cronaca nera, oroscopi, romanzetti rosa, film stracolmi di sesso e canzonette sentimentali composte da una specie di caleidoscopio detto “versificatore”. Non mancava un’intera sottosezione (Pornosez, in neolingua) impegnata nella produzione di materiale pornografico della specie più infima…”.

Quello di Orwell era solo un romanzo ma, chissà per quale motivo, a volte si ha l’impressione che tutto sia così reale…

Giuseppe Guarino

1 commento su “Il divertimentificio d’Italia”

  1. La cultura è uno specchio che va infranto per entrare nella realtà. Se uno stai attento, lo steso spettacolo ti offre gli strumenti per riconoscere l’inganno e lanciare la pietra che distruggerà lo specchio.

    Il difficile è stare attenti, perchè lo scopo dello specchio è riflettere ed abbagliarti!!

    La politica, ecco un altra forma di spettacolo.. soprattutto di ‘sti tempi.. 🙂

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