6 milioni di pensionati vivono con meno di 1000 euro al mese

Una fetta enorme di pensionati in Italia vive al di sotto della soglia di povertà, mentre l'1.7% si gode un assegno alquanto ricco

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Alessandra Di Bartolomeo

Giornalista di economia

Giornalista esperta di risparmio, ha maturato una vasta esperienza nella divulgazione di questioni economiche.

La disparità negli assegni pensionistici in Italia, che vanno da meno di 1000 euro a 5000 euro lordi, rappresenta un problema evidente e urgente che richiede una soluzione immediata. Il tema delle pensioni è attualmente uno dei più dibattuti e rilevanti nel contesto italiano. Si discute ampiamente della necessità di aumentare la soglia di un vasto numero di assegni pensionistici minimi, al fine di garantire un tenore di vita accettabile per gli anziani. Allo stesso tempo, si propone di ridurre le cosiddette “pensioni d’oro”, assegni pensionistici particolarmente elevati che appaiono sproporzionati rispetto alle necessità reali dei beneficiari.

Il governo italiano ha ribadito l’impegno a rispettare l’accordo stipulato tra il Movimento 5 Stelle e la Lega in tale materia. Tale impegno comprende soprattutto l’intervento per garantire uno stile di vita dignitoso a un vasto numero di cittadini italiani che attualmente vivono in condizioni di povertà, attraverso misure mirate e adeguate alla situazione economica e sociale del paese.

Pensionati che vivono con meno di 1000 euro al mese: i numeri

I numeri parlano chiaro e sono senza dubbio allarmanti. Circa il 37.5% dei pensionati italiani si ritrova infatti ad arrivare a fine mese con un assegno inferiore ai mille euro. Le stime raggiungono quota 6 milioni di cittadini, per la maggior parte donne. Il sesso femminile è infatti rappresentato da 3.85 milioni, oltre il 64%.

Queste sono le cifre fornite dall’ultimo monitoraggio dei flussi di pensionamento dell’Inps, inerente al mese di settembre 2018. In Italia, c’è un problema economico evidente che riflette anche una questione sociale di grande importanza. La disparità di stipendio tra uomini e donne rimane ancora ampia, e culturalmente si tende a percepire il ruolo femminile come principalmente legato alla maternità anziché al lavoro e alla realizzazione personale.

Il problema economico è più che mai evidente se si analizzano anche i dati delle ‘pensioni d’oro’, ovvero di quegli assegni che superano i 5mila euro lordi. A percepirli sono appena 266.180 italiani, ovvero l’1.7% del totale. Di questi, gli uomini rappresentano la stragrande maggioranza, l’80.8%. Ma quand’è che una pensione viene riconosciuta d’oro? Ebbene, di solito quando oscilla tra i 3000 e i 5000 euro netti al mese. Va però precisato che la definizione “d’oro” non è universalmente accettata e rappresenta solo un punto di riferimento approssimativo.

C’è differenza tra i pensionati uomini e le donne?

Almeno a livello legislativo, l’Italia fa passi in avanti verso l’equiparazione dei sessi. Dal monitoraggio dei flussi di pensionamento emerge che nel 2017 i requisiti per accedere agli assegni sono rimasti immutati rispetto al 2016 a differenza del 2018. In tale anno, infatti, si è concluso il processo di equiparazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia tra uomini e donne nei settori dei dipendenti privati e dei lavoratori autonomi. Per questo, a partire dal 2018, la pensione di vecchiaia viene erogata al raggiungimento dell’età di 66 anni e 7 mesi, sia per gli uomini che per le donne. In questo modo si garantisce l’armonizzazione dei requisiti per tutti i lavoratori dipendenti privati e autonomi e il requisito dell’età diventa quindi sempre più importante.

Tornando alla rilevazione del 2018, nel Fondo di Previdenza Lavoratori Dipendenti (FPLD), si nota un calo complessivo delle liquidazioni di pensioni di vecchiaia e anzianità/anticipate nei primi nove mesi rispetto al 2017. Questo trend si riscontra anche nelle principali gestioni dei lavoratori autonomi, sebbene in misura meno marcata. La differenza registrata potrebbe essere attribuita principalmente all’aumento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia delle donne.

Le assegnazioni sociali, poi, nei primi nove mesi del 2018 sono notevolmente inferiori rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, a causa dell’aumento dell’età minima richiesta per ottenere l’assegno.

Analizzando gli indicatori statistici dei primi nove mesi del 2018, si osserva un maggiore peso delle pensioni di anzianità/anticipate rispetto alle pensioni di vecchiaia, rispetto ai dati del 2017. Questo è dovuto all’aumento dei requisiti per le pensioni di vecchiaia delle donne, mentre i requisiti per le pensioni di anzianità/anticipate sono rimasti invariati. Inoltre, si registra un aumento delle uscite anticipate per i “lavoratori precoci”. Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, infine, non si osservano variazioni significative tra il 2018 e il 2017.