' SCUSATE AVEVO L' AIDS, FATEVI VISITARE'

NEW YORK Stuart è una sonnolenta cittadina della Florida, a nord di West Palm Beach, dove migliaia di pensionati si arrostiscono al sole e gli emigranti cubani inseguono il mito americano. Ma proprio a Stuart, un fattaccio di cronaca, puntualmente registrato dal News, ha aperto un nuovo capitolo nella guerra contro l' Aids. Per la prima volta da quando è stata scoperta la sindrome, è accaduto che un medico abbia contagiato il paziente, e non viceversa. Sono il dottor David Acer e sono malato di Aids: così cominciava una lettera aperta pubblicata la settimana scorsa sul quotidiano di Stuart. Fino a poco tempo fa lavoravo come dentista nella contea di Martin e se eravate tra i miei clienti vi imploro di leggere attentamente. Il dentista spiegava di aver seguito tutte le misure per evitare che la sua malattia fosse contagiata ai pazienti. Ma capiva anche lo stato di ansia di tutti quanti, e quindi li invitava a sottoporsi ai test di sieropositività. Mi dispiace non potervi dire queste cose a voce concludeva la lettera ma sto morendo di Aids, sono proprio alla fine. Sto mettendo in ordine le ultime cose, dando gli addii alla famiglia e preparandomi a scomparire con dignità. Poco dopo aver scritto ai suoi clienti, il quarantenne Acer è morto. Duecento pazienti sono subito andati a farsi controllare. E una bella ragazza di 22 anni, Kimberly Bergalis, occhi azzurri e laurea con 110 e lode, è diventata la prima vittima di un medico malato di Aids. Tutta colpa di due molari estratti nel 1987. Il dottor Acer, che era al corrente della sua malattia (ma non le aveva detto niente), indossava guanti di plastica, così come prevedono le norme del Centro americano per il controllo delle malattie contagiose. E non è chiaro come il virus sia stato trasmesso: forse con un trapano infettato, forse per via orale. Ma quel che è sicuro è che le strutture molecolari del virus dell' Aids del dentista e di quello della paziente appaiono identiche, a conferma del contagio. Senza più speranze, la Bergalis si è ora lanciata in una crociata: vuole che d' ora in poi tutti i medici e infermieri malati di Aids avvertano i clienti del loro status. Ha citato in giudizio gli eredi del dentista e la Cigna, la compagnia di assicurazione con cui il dottore era convenzionato. Chiedo giustizia, non si stanca di ripetere Kimberly. La sua espressione fa tenerezza. Le si leggono sul viso i segni della sconfitta. Già ora vomita in continuazione. E la attende un lungo calvario in corsia, con l' abbandono di molti amici e la vita che si spegne piano piano. Da tempo negli Stati Uniti si discute su quanta pubblicità debba esser data ai casi di Aids: se rendere noti i nomi dei sieropositivi, se costringere alcune categorie professionali a sottoporsi ai test, se infrangere il diritto alla privacy, accordato a tutti gli altri malati, da quelli di cancro o quelli di cuore. E c' è ora chi, come Kimberly Bergalis, propone che ogni operatore sanitario esibisca un tesserino di qualità, con scritto non contagiato. La questione ha risvolti etici, giuridici e pratici. Le associazioni impegnate nella guerra contro l' Aids, sostengono che la pubblicità ha un effetto scoraggiante: la gente evita di farsi visitare per il rischio di essere bollata.

ARTURO ZAMPAGLIONE