13 marzo 2019 - 19:36

«Pedofilia, non c’è un attacco alla Chiesa
La verità anche in Italia come chiede Francesco»

Il gesuita Zollner, esperto anti-pedofilia del Vaticano: dopo l’incontro voluto dal Papa c’è maggiore consapevolezza nelle conferenze episcopali

di Gian Guido Vecchi

padre Hans Zollner padre Hans Zollner
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CITTÀ DEL VATICANO Nel sesto anniversario dall’elezione di Francesco, il tribunale di Melbourne ha condannato a sei anni, per pedofilia, il cardinale George Pell . Una settimana fa un altro cardinale, l’arcivescovo di Lione Philippe Barbarin, è stato condannato a 6 mesi con la condizionale per mancata denuncia di un abuso commesso da un sacerdote. C’è chi parla di Chiesa sotto attacco, che ne dice padre?

«Ma no, le vicende si accumulano, sono casi che arrivano nello stesso momento ma dalla Francia all’Australia sono in ballo da anni, non ha senso sostenere che questo sia un attacco concertato». Padre Hans Zollner, gesuita tedesco, preside dell’istituto di Psicologia e presidente del Centro di protezione dei minori dell’Università Gregoriana, è forse il massimo esperto della Chiesa in tema di lotta agli abusi. Fa parte della commissione vaticana per la protezione dei minori e del comitato organizzatore dell’incontro voluto dal Papa, il mese scorso, tra presidenti e rappresentanti di tutte le Conferenze episcopali del mondo.

C’è il rischio che queste reazioni, anche nella Chiesa, frenino le riforme volute da Francesco?

«Considerazioni del genere c’erano prima e adesso si sentono più giustificate, ma insomma, non credo abbiano affetto. Non c’è un attacco alla Chiesa, ci sono accuse rivolte alle persone. Se un giudice, il sistema legale di un Paese dice che c’ è stato reato, allora il colpevole deve scontare la pena. Nel caso dei cardinali Pell e Barbarin bisogna tenere presente che non abbiamo una sentenza definitiva ma, per ora, delle condanne in primo grado. Staremo a vedere».

L’anno scorso diceva al «Corriere» che la Chiesa italiana dovrebbe fare come quella tedesca, che ha compiuto una ricerca durata tre anni in tutti gli archivi, altrimenti si troverà a dover rincorrere lo scandalo. Nel frattempo monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei, ha annunciato una ricerca affidata a un’università per capire finalmente le dimensioni del fenomeno degli abusi in Italia e un’«ampia consultazione» tra i vescovi sull’obbligo di denuncia alle autorità civili…

«Le parole di Francesco, l’accento particolare che il Papa ha posto sulla questione ha avuto effetto in molti Paesi, prima e dopo l’incontro in Vaticano. Non dico che anche in Italia sia direttamente legato, ma di certo l’attenzione del Papa ha accelerato e sta accelerando i processi. Bene così, bisogna cercare la verità».

Come va il cosiddetto «follow up» dopo l’incontro in Vaticano? Che cosa ci si deve attendere ora?

«Il lavoro prosegue, alcune cose sono pronte e stanno per essere pubblicate, per altre ci vorrà ancora qualche mese. Ma si avranno conseguenze concrete solo se le conseguenze concrete avverranno nei vari Paesi, nella conferenze episcopali. Io seguo le notizie che arrivano dalle varie chiese locali, e vedo che si stanno definendo gruppi di lavoro, commissioni di ascolto delle vittime, revisioni delle linee guida contro gli abusi... Si è creato l’effetto nel quale speravo prima dell’incontro: che tutti tornassero con maggiore consapevolezza ed energia per cambiare le cose nel loro territorio».

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