27 aprile 2018 - 00:41

Pd: è Roma la capitale degli anti-5 Stelle, l’idea di consultare gli iscritti nei circoli

Uno dei jolly che Matteo Renzi potrebbe giocare nella direzione del 3 maggio rimanda all’ipotesi di sottoporre agli iscritti la scelta se accettare o meno il governo coi M5S: sarebbe la strada per non farsi addossare le responsabilità della possibile morte prematura della legislatura

di Tommaso Labate

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Non sarà il «popolo dei fax», che pure aveva provato a scrivere un pezzo della storia moderna del centrosinistra, non foss’altro perché il mezzo è obsoleto. E non sarà il ricorso a un referendum on-line, sulla falsariga di quello sul contratto di governo annunciato da Luigi Di Maio. Ma al quartier generale del Pd, al punto in cui s’è incagliata la partita, una vera e propria consultazione della base non la esclude più nessuno. Nel senso che uno dei jolly che Matteo Renzi potrebbe giocare nella direzione del 3 maggio rimanda all’ipotesi di sottoporre agli iscritti la scelta se accettare o meno il governo coi M5S.

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In fondo, ragionano al Nazareno, sarebbe l’opzione perfetta per non rimanere col cerino in mano. La strada sicura per non farsi addossare le responsabilità della possibile morte prematura della legislatura. E, ancora, la prosecuzione — su altra scala e con altri numeri — dell’esperimento di piazza fatto da Renzi stesso in Toscana.

«Vista la nostra capacità di convocazione dei circoli e delle assemblee», spiegava ieri David Ermini intervenendo su La7 allo speciale condotto da Enrico Mentana, «non avremmo certo difficoltà a mettere in moto un meccanismo di consultazione della base». Certo, è la premessa, la prima cosa è decidere «se» muoversi. E la risposta al «se» può arrivare soltanto dalla riunione della direzione.

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Ma come risponderebbe la base del Pd rispetto all’ipotesi di un accordo col M5S? A guardare Twitter, la maggioranza di quelli che si presentano come iscritti o semplici militanti è contraria. Ci sono territori, poi, in cui l’ostilità alla stretta di mano con Di Maio è ancora più coriacea. Uno di questi è senz’altro Roma, in cui il popolo del Pd risente dell’«effetto Raggi» al Campidoglio. Non è un caso, infatti, che il gruppo dirigente capitolino è quello più contrario. Basta vedere la posizione messa a verbale da Matteo Orfini. E anche il tweet con cui Luciano Nobili, capo dei renziani romani e neo-deputato, ha «accolto» — virgolette d’obbligo — le dichiarazioni del presidente della Camera alla fine del mandato esplorativo. «Mentre Di Maio continua a trattare con Salvini, Fico annuncia che il dialogo per il governo col Pd è avviato. Mi risulta avessimo deciso altro, in Direzione. Io non voterò la fiducia a un governo M5S».

Esiti a parte, l’eventuale consultazione della base — promossa da Veltroni a inizio legislatura — sarebbe un colpo di scena in sé. «Non conosco un elettore del Pd che voglia un governo coi M5S», twittava l’esperto di comunicazione Pietro Raffa, molto seguito sulla Rete. Un tweet molto diffuso dai renziani. Almeno prima della dissacrante risposta dell’account satirico Le frasi di Osho. «Io non conosco un elettore del Pd».

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