28 agosto 2018 - 23:52

L’arrivo dei profughi a Rocca di Papa
tra saluti romani e magliette rosse

Presidi contrapposti al centro di accoglienza. Niente intesa Ue sulla missione Sophia

di Fabrizio Caccia

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«Se po’ ancora fa il saluto romano?». Enrico Della Pittima, di Forza Nuova, chiede lumi ai colleghi di Casapound con le bandiere tricolori al vento, ci sono poliziotti e carabinieri dappertutto, il clima in via dei Laghi diventa incandescente alle dieci e mezzo di sera, quando arriva il primo dei due pullman da Messina con i 100 migranti eritrei della Diciotti. In quel momento tutto il gruppo dei sovranisti, una cinquantina tra cui non manca qualche testa rasata, comincia a cantare l’inno di Mameli mentre i ragazzi eritrei sul pullman non capiscono bene quello che sta succedendo e fanno ciao ciao con la mano dal finestrino oppure il segno di okay e qualcuno di loro si mette pure la mano sul cuore per ringraziare questo pezzo d’Italia che li ha accolti. Ma quelli di sotto li guardano in cagnesco e il saluto romano lo fanno in parecchi, mentre dall’altra parte della strada invece ci sono quelli del Collettivo Ops di Genzano, simpatizzanti di Potere al Popolo e gente iscritta all’Anpi con le magliette rosse, che alzano davanti alle telecamere i cartelli con la scritta in inglese «welcome»: benvenuti ai 92 uomini e alle 8 donne accolte dalla Cei. Davanti al centro d’accoglienza straordinaria «Mondo Migliore» si sono radunate le due Italie divise sui migranti. Si litiga ai Castelli Romani così come a Bruxelles dove l’Europa ieri ha risposto picche alla richiesta italiana di modificare il piano operativo sui porti di sbarco dei migranti soccorsi dalle navi militari della missione Sophia.

Ma questi sono temi poco sentiti a Rocca di Papa, invero. Enrico Della Pittima di Forza Nuova abita in via delle Barozze cioè a due passi dal centro d’accoglienza e sostiene che i migranti già ospiti della struttura la sera escono e fanno i bisogni davanti a casa sua: «Io sono qui per difendere i miei figli», dice. Quelli di Casapound sono arrivati da Roma: in testa al plotone composto da una decina di manifestanti ci sono Davide Di Stefano e Luca Marsella, esponenti di primo piano. Marsella è quello che l’anno scorso fece incetta di voti nel municipio di Ostia, la terra degli Spada. «Perché siete qui e non eravate a Genova ne’ ad Amatrice?» gridano al megafono rivolti a quelli di sinistra.

Il centro d’accoglienza è un piccolo gioiello con vista sul lago di Castelgandolfo, «il nome gliel’ha dato Pio XII nel 1950, non Vasco Rossi», scherzano gli operatori della cooperativa cattolica Auxilium che lo gestisce insieme ai Padri Oblati di Maria Vergine. Prima di ieri sera ospitava già 300 profughi. Pavimenti di marmo lustro davanti alla reception, 210 stanze pulitissime, da uno, due e tre letti a seconda delle esigenze delle famiglie, tutte con bagno interno. E un parco di 3 ettari con campi di calcio e pallavolo. Ci sono bambini siriani che fanno merenda in mensa e davanti al loro sorriso pensi che il piccolo Aylan, il bimbo annegato tre anni fa e ritrovato morto sulla spiaggia, oggi rivive con loro. Anche i 100 della Diciotti ora hanno una stanza da letto e un bagno pulito, hanno già ricevuto un kit con lenzuola, magliette, saponi per questi pochi giorni che saranno qui, in attesa di essere distribuiti tra le 20 diocesi che si sono fatte avanti e di cui padre Aldo Buonaiuto (nomen omen) della comunità Giovanni XXIII, l’uomo che ha illuminato il Papa consigliandogli la soluzione dei Castelli, ha l’elenco in tasca. Mentre fuori le due opposte fazioni continuano a duellare, i medici di Auxilium, Jarno Berardi e Maurizio Lo Palco, hanno già pronta la permetrina, la pomata che cancella la scabbia: «Se qualcuno ne ha ancora bisogno - dicono - con due trattamenti il problema è risolto. Dopo un giorno la scabbia non è più contagiosa»

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