15 aprile 2018 - 08:23

Sami Modiano e la Shoah: i ragazzi e la memoria raccontati nelle case

L’iniziativa è nata in Israele ed è stata adottata a Roma: un testimone e alcuni studenti delle scuole celebrano intimamente il ricordo. Gli incontri sono organizzati dalla Comunità ebraica di Roma

di Paolo Conti

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»Quell’uomo di camice bianco guardò la ragazza che era bella, forte, alta, la conoscevamo tutti a Rodi. Capì che era adatta ai lavori forzati. Ma aveva un problema: quel neonato stretto tra le braccia. Lui glielo strappò e lo gettò a terra, sulla sinistra. Lei urlò, implorò che qualcuno si occupasse del bambino. Le sue grida continuano ad apparire nei miei incubi. Se vedi una cosa del genere, non potrai mai dimenticarla». Quando senti parlare Sami Modiano, uno dei rari ebrei deportati nel 1944 e sopravvissuti al campo nazista di Auschwitz-Birkenau, capisci perché Walter Veltroni nel film-testimonianza che gli ha dedicato (Tutto davanti a questi occhi, prodotto da Sky e Palomar) abbia voluto solo primi piani di un uomo che da anni tramette la sua testimonianza alle nuove generazioni.

Mercoledì pomeriggio, Sami Modiano ha parlato in una casa privata, di fronte a un piccolo gruppo di liceali del «Volterra» e del «Maria Montessori». Tutti ospiti di Alex e Loren Raccah Debash per Yom HaShoah , data ebraica in cui si ricordano le vittime della Shoah. L’iniziativa è nata in Israele ed è stata adottata a Roma: un testimone e alcuni studenti delle scuole celebrano intimamente il ricordo. Gli incontri sono organizzati dalla Comunità ebraica di Roma in collaborazione con l’Unione delle comunità ebraiche italiane, con Progetto Memoria e Fondazione Museo della Shoah I ragazzi sono seduti per terra, i professori intorno: un’atmosfera familiare. La presidente della Comunità ebraica romana introduce l’incontro: «Siamo qui per ricordare, non necessariamente per addolorarci, ma soprattutto per conoscere una persona straordinaria». Modiano comincia a ricordare e si presenta: «Sono uno dei pochissimi, pochissimi sopravvissuti a Birkenau».

Ma prima di cominciare, un chiarimento, visto che circolano copie del suo libro di memorie «Per questo ho vissuto», edito da Bur-Rizzoli: «Ho esitato prima di scriverlo, non avrei mai potuto guadagnare da una tragedia, i ricavati vanno al Museo della Shoah di Roma». Parte dagli anni luminosi della sua infanzia, da ebreo immerso nella realtà multiculturale di Rodi, ai tempi sotto amministrazione italiana: «Una magnifica comunità ebraica di 2200 persone, cinque sinagoghe, un collegio rabbinico». Poi arriva il trauma, il giorno in cui l’amato maestro gli comunica che è stato espulso dalla scuola: «Questo è successo, ragazzi che mi ascoltate! Sono stato espulso perché ero un ebreo. Io sono diverso da voi? È forse una colpa nascere ebrei? Se non ho potuto più studiare dopo la terza elementare, è successo perché sono un ebreo. E tanti ebrei, allora, persero il diritto di lavorare».

L’8 settembre 1943: «Le forze armate italiane non hanno indicazioni da Roma, i tedeschi ne approfittano per prendere il controllo dell’isola». Bisogna arrivare al 18 luglio 1944 perché la comunità ebrea di Rodi affronti, prima su quattro battelli cargo da bestiame e poi su un treno dal Pireo, l’infinito viaggio fino ai campi di concentramento: «Durò dal 18 luglio al 16 agosto, è il più lungo spostamento nella storia della Shoah». L’uomo dal camice bianco era il medico criminale Josef Mengele. La frase ricorrente di Modiano, quando racconta le sue tragedie (la sorella strappata dalle braccia del padre, la morte di lei e poi del genitore, le crudeltà dei nazisti) è «è successo tutto davanti a questi occhi, non me lo posso dimenticare». Il silenzio dei ragazzi, la commozione e le lacrime di tanti, l’attenzione e spesso l’umana incapacità di gestire sentimenti profondissimi, certificano quanto le nuove generazioni di questa città, attraversata da allarmanti segnali di violenza e di razzismo, abbiano bisogno di conoscere e comprendere.

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