28 aprile 2018 - 09:20

Touray, le prove della fedeltà all’Isis:
il segno sulla fronte e l’indice alzato

Nell’interrogatorio, ha seguito la strategia di un manuale jihadista. Elementi apparentemente insignificanti che assumono una valenza concreta per chi da anni analizza le modalità e i rituali dei fondamentalisti

di Fiorenza Sarzanini

Il 22enne Alagie Touray, in un fermo immagine tratto da un video (Ansa) Il 22enne Alagie Touray, in un fermo immagine tratto da un video (Ansa)
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Sono stati alcuni dettagli a convincere i vertici dell’antiterrorismo che Alagie Touray fosse stato davvero reclutato per fare un attentato in Italia «lanciando un’auto contro la folla». Elementi apparentemente insignificanti che invece assumono una valenza concreta per chi da anni analizza le modalità e i rituali dei fondamentalisti che si sono votati alla causa dell’Isis.

Per questo le verifiche si concentrano sui suoi contatti in Gambia e soprattutto in Libia, in quel campo profughi di Sabrata dove il ventiduenne aveva atteso insieme a due connazionali di poter partire per l’Italia. Ma anche in Francia e in Spagna, dove si trovano alcuni stranieri che avrebbero ricevuto il video con il giuramento in una chat aperta attraverso il sistema di messaggistica Telegram. Sono circa ottanta le utenze rintracciate nel suo telefono cellulare e da quelle si parte per ricostruire la «rete».

La «zebiba»

Durante il primo interrogatorio Touray sostiene di «non essere un musulmano ortodosso». Quando viene portato nel carcere di Benevento e sottoposto a visita medica «gli viene trovata sulla fronte una macchia ipercromica tondeggiante del diametro di circa 3 centimetri secondaria, verosimilmente a probabili microtraumi ripetuti». Gli investigatori spiegano che «si tratta della “zebiba”, simbolo di fervente religiosità prodotta dal prolungato urto nel tempo della fronte sul pavimento, postura adottata durante la preghiera». Il giudice che ha disposto l’arresto chiarisce come «il credo religioso non ha significato indiziante ai fini della contestazione, ma smentisce la tesi difensiva dell’indagato che ha sostenuto di non essere un fervente musulmano».

L’indice alzato

Il secondo elemento si rintraccia nel secondo video con la pronuncia del giuramento. Scrive il giudice: «Touray alza l’indice della mano destra a ricordare il simbolo del Tawid, cioè l’unicità di Dio, divenuto il marchio dello Stato Islamico (come rivelano le immagini rinvenute dagli investigatori su Internet, alcune piuttosto crude con teste tagliate e impalate, cadaveri con gente armata che festeggia)».

Il manuale

Un altro particolare ritenuto determinante dagli specialisti di Digos e Ros riguarda la strategia di difesa di Touray. Il giovane ha prima dichiarato che quel giuramento «era uno scherzo», ma poi ha ammesso di essere stato contattato per compiere un attentato. Il manuale jihadista «The compilation of security and intelligence principles» detta la linea in caso di arresto suggerendo «al fratello che viene preso» di mostrarsi «ingenuo e terrorizzato, remissivo e pacifico con la polizia, fino a piangere e aprendosi piano piano in base ai fatti contestati». Secondo gli investigatori «è esattamente il comportamento che Touray ha tenuto nel secondo interrogatorio».

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