4 giugno 2018 - 22:25

Migranti, Italia e Tunisia: così l’incontro è diventato «protesta diplomatica»

Senza la conferma dell’intesa con lo Stato africano saltano 80 rimpatri a settimana

di Fiorenza Sarzanini

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Il livello di irritazione del governo tunisino si misura quando arriva il comunicato che dà conto della «convocazione» dell’ambasciatore italiano Lorenzo Fanara. Perché nei primi contatti con la Farnesina era stato assicurato che si sarebbe parlato di un semplice incontro al ministero degli Esteri di Tunisi e invece la nota diramata per raccontare quanto accaduto rende bene l’idea dello scontro diplomatico provocato dalle parole del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Perché lo «stupore» espresso da fonti del dicastero domenica sera dopo l’accusa di «esportare galeotti», si è trasformato in rabbia con il trascorrere delle ore senza una correzione di tiro del Viminale.

La giustificazione

Ieri mattina ci sono stati continui contatti con Roma e quando l’ambasciatore si è recato al colloquio ha cercato di spiegare che si trattava di «un equivoco», ha detto che il ministro «si riferiva al fatto che tutti gli incendi e le risse all’interno dei centri di permanenza hanno come protagonisti tunisini in attesa di essere espulsi». Ma questo evidentemente non è bastato, visto che si è comunque deciso di emettere un comunicato per ribadire «la sorpresa per dichiarazioni che non riflettono la cooperazione tra i due Paesi nel campo della gestione dell’immigrazione e indicano una conoscenza incompleta dei vari meccanismi di coordinamento esistenti tra i servizi tunisini e italiani per affrontare questo fenomeno». Nel pomeriggio Salvini è stato costretto a fare retromarcia annunciando di voler «incontrare al più presto il mio collega» e adesso bisognerà trattare per tenere in piedi un rapporto di «collaborazione» che ha portato alla firma di un accordo sui rimpatri. Altrimenti il rischio concreto è che vengano ulteriormente allentati i controlli sulle coste tunisine con le inevitabili partenze di migliaia di persone verso l’Italia.

L’impennata di sbarchi

Sono i dati relativi agli ultimi tre anni a dimostrare quanto insidiosa può essere la rottura dei rapporti con la Tunisia, o comunque una freddezza nelle relazioni. Anche tenendo conto che al momento è l’unico Stato ad accettare 80 rimpatri a settimana (due charter da 40 persone) e a cooperare in maniera concreta per le identificazioni. Nel 2016 sono giunti in Italia 1.207 tunisini e ne sono stati riportati in patria 1.628. Lo scorso anno si è avuta l’impennata, causata soprattutto dall’accordo con la Libia. Le organizzazioni criminali hanno continuato a gestire gli affari, sia pur in maniera molto ridotta, proprio dalle coste tunisine e nel nostro Paese sono sbarcati 6.151 migranti mentre 2.237 persone facevano il percorso inverso a bordo dei charter organizzati dalla polizia. Nel primi sei mesi del 2018, 2.289 sono arrivate e 1.224 sono state riportate a casa. Una cooperazione che adesso bisognerà fare in modo di non interrompere anche nella consapevolezza che la Tunisia è il Paese dal quale proviene il maggior numero di foreign fighters. Le ultime stime, aggiornate al 2017 parlavano di 3.000 jihadisti partiti per la Siria e l’Iraq, ma pronti a tornare dopo le sconfitte delle milizie del Califfato. Potenziali terroristi che potrebbero decidere di prendere la strada verso l’Europa. Un’eventualità che è stata più volte al centro dei colloquio tra Italia e Tunisi, un pericolo che certamente non può essere sottovalutato.

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