1 luglio 2018 - 09:21

Addio alla spiaggia sul Tevere: dal Campidoglio mai partiti i bandi

Niente gara per il progetto dato per sicuro a dicembre dalla sindaca Raggi : l’area sotto Ponte Marconi è stata sfalciata più volte ma zero ombrelloni e nemmeno un lampione

di Andrea Arzilli

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Sdraio, lettini e ombrelloni ci sono, in effetti. In vendita a prezzi modici insieme a ciambelle e materassini nello spicchio d’asfalto che sta esattamente dietro al semaforo posto all’incrocio tra lungotevere Dante e viale Marconi, chissà se esposti pensando a una frotta di bagnanti fluviali. Quello che non c’è, però, è proprio la spiaggia sul Tevere, dell’arenile ancora nessuna traccia anche se i gradi sono 35 all’ombra nella prima vera giornata estiva della Capitale. Così come non risultano movimenti in atto negli uffici - dall’Ambiente ai Lavori pubblici - che glissano sull’argomento oppure dicono semplicemente di non averne saputo più nulla. Non risultano nemmeno bandi in corso per l’assegnazione delle eventuali concessioni balneari. E del resto, anche se le gare fossero di prossima uscita, servirebbero almeno due mesi per l’attribuzione: ergo, la spiaggia sì, ma per l’ottobrata romana, non per l’estate.

Eppure l’annuncio di Virginia Raggi - datato 14 dicembre 2017 - andava dritto al punto: «Sarà pronto per la prossima estate un progetto concreto che riguarderà un’area di diecimila metri quadrati in prossimità del passaggio del Tevere a ponte Marconi, dove saranno realizzati una spiaggia e campi sportivi», aveva spiegato la sindaca brandendo le planimetrie del restyling di quel tratto di fiume. Ebbene, di quella spiaggia attrezzata in stile Parigi o Milano, di quell’ansa del fiume cittadino che il Comune M5S voleva interpretare all’«europea», di quei campi sportivi promessi per riqualificare una zona difficile - tra insediamenti abusivi, degrado e spaccio - non c’è nemmeno l’ombra: il progetto è rimasto senza fondi, prima ridotto nella sua essenza (problemi per la realizzazione degli impianti sportivi e delle piscine) e poi scalato nell’ordine delle priorità sotto le emergenze cittadine; quindi impigliato nel groviglio di burocrazia filato dalla decina di enti competenti sul fiume. Come dire, tutti competenti e nessuno che decide, compreso l’ufficio Tevere istituito da Raggi poco prima di annunciare la spiaggia.

L’area sì, è stata sfalciata un paio di volte negli ultimi due mesi e il lavoro ha fatto riemergere pure le tracce dei cingolati alle prese, in autunno, con lo sbanco di terra che ha segnato l’avvio del progetto, nato per «consentire ai romani di rivivere un rapporto con il fiume», aveva detto la sindaca. Ma questo è tutto, il panorama e le frequentazioni non sono cambiati di una virgola in sei mesi di gestazione da parte del Campidoglio. Di giorno il viavai dalle baracche poste sulle sponde è continuo, impossibile censire gli abitanti o praticare lo sgombero visto che la baraccopoli risorge dalla sera alla mattina. Mentre l’acqua del fiume soffre per i continui rifiuti sversati: discariche di elettrodomestici, materassi, sacchetti di immondizia, bici del bike sharing, pure lastre di amianto sono state avvistate galleggiare in quel tratto di Tevere.

E di notte la zona resta avvolta nell’oscurità, nessun lampioncino come nei tanti locali sui Navigli o sulla Senna, solo un habitat perfetto per migliaia di ratti e per il malaffare umano, tra prostituzione, spaccio e consumo di eroina. «Nel luogo della spiaggia non c’è nulla - dice Piergiorgio Benvenuti, presidente di Ecoitalia Solidale, associazione ambientalista che monitora il Tevere -. Ogni tanto ci passano alcune pecore che non si sa di chi sono, ma tutto il resto è in totale abbandono, è tutto fermo. In tanti, durante i fuochi d’artificio di San Pietro e Paolo, ironizzavano sulla spiaggia che non c’è: è un peccato, il progetto era importante». E invece è rimasto spiaggiato.

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