Per tutti a Trastevere è il «San Calla». Storico bar con i tavolini di fuori, senza sovrapprezzo per la consumazione, e un andirivieni ininterrotto di habituées, da mattina a sera. Marcello Forti, detto «Marcellì», 72 anni e 14 ore di lavoro al giorno, già prima del «fattaccio» - la sospensione della licenza scattata il 28 giugno a causa della «frequentazione di persone con precedenti penali» e del disturbo della quiete pubblica - era uno dei personaggi più popolari del rione. Sempre sorridente, con la battuta pronta in romanesco verace. E adesso la fama del titolare del bar di piazza San Calisto è decollata: al flash mob organizzato il 29 giugno con partenza di fronte alle saracinesche abbassate e arrivo nella vicina piazza San Cosimato c’erano centinaia di avventori, in gran parte giovanissimi, molti dei quali avevano attaccato post di solidarietà sulle serrande. Ma a scatenare l’effetto virale sui social è stata l’intervista volante di «Marcellì» alla rivista Fb «Il ventriloco»: quasi 40 mila visualizzazioni, contro i 19 mila abitanti del rione, e un concetto meno banale di quanto possa sembrare: «Ma se uno sgarra con la legge un caffè se lo può permette’?»
Botta e risposta cliccatissimo, quello di «Marcellì». «So’ venuti e hanno detto: dovete chiude’ perché davanti è ‘n casino... praticamente ci sono dei pregiudicati… li dovresti allontana’...». Già, così gli hanno detto i pubblici ufficiali nel notificargli l’atto... Risposta di «Marcellì»: «Ma io come faccio? Ce faccio a botte?». Impensabile, perché... «Primo: me se rivoltano contro… e poi nun si può… perché se uno è un pregiudicato e ha scontato la pena c’ha pure diritto a pijasse ‘n caffè, o no?». Un’obiezione che ha fatto breccia subito, a giudicare dal diluvio di condivisioni in rete.
Ad accendere la rivolta sul web era stata l’organizzatrice del flash mob, Micol Meghnagi, un’abitante andata su tutte le furie per la sorpresa del 28 mattina.... «Sono scesa al Bar per prendere il mio solito caffè - aveva scritto nel suo profilo Fb - e mi sono trovata di fronte a questo avviso: “Esercizio chiuso con provvedimento del Questore di Roma”» Già, non sia mai, proprio l’amato San Calisto... «Il Bar (con la maiuscola, ndr) che più tra tutti spicca per il suo multiculturalismo. Dove non esiste distinzione tra età, sesso, religione, ceto sociale e appartenenza. Dove il caffè costa ancora 80 cents e il gelato 1 euro. Dove il politico si siede vicino al senzatetto, e il bambino vicino all’universitario. E dove tutti convivono pacificamente e in armonia».
Il messaggio di Micol, che ha ottenuto in un baleno 2.700 «mi piace», così si concludeva: «San Calisto, dove il rispetto della piazza e del quartiere viene prima di tutto... Sono indignata. Soprattutto nell’apprendere che questa denuncia proviene da tutte quelle attività confinanti che Trastevere l’hanno distrutta. Attività dove la qualità non corrisponde al servizio ricevuto e dove il turismo ha preso beceramente il sopravvento. E allora mi sorge spontaneo chiedermi: a chi conviene far chiudere il Bar San Calisto?» E così sia. Il dibattito è aperto. La sospensione di 3 giorni forse tornerà utile non solo a tenere alla larga pusher e ubriaconi. Balzano infatti in primo piano tematiche serie e attuali: la gestione della parte storica della città, la salvaguardia della sua autenticità, il contrasto alle speculazioni e alla «paccottiglia», i controlli. Tra poche ore, all’alba di lunedì 2 luglio, il «San Calla» riapre. Caffè, risate, pacche sulle spalle e discussioni su tutto, futuro di Trastevere compreso. Oppure, per dirla con Federico, uno dei 2.700 «like» al post di Micol, «solo poesia... rimanere 30 min con il tuo spritz a osservare quel che ti passa intorno...» (fperonaci@rcs.it)