1 novembre 2018 - 09:52

Emanuela Orlandi e Vaticano, quelle ossa nel palazzo dei misteri tra Chiesa e Moravia

Villa Georgina, sede la Nunziatura apostolica ha una storia triste tra fascismo e drammi. familiari. L’edificio in stile neoclassico su via Po fu progettato da Busiri Vici e citato nel romanzo «Gli indifferenti»

di Giuseppe Pullara

Emanuela Orlandi e Vaticano, quelle ossa nel palazzo dei misteri tra Chiesa e Moravia
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Un verde non proprio brillante, dai toni scuri, un parco da tempo soffocato tra gli edifici intorno a via Po. Una villa ridondante che porta qualcosa di triste nella storia. La Nunziatura, l’ambasciata vaticana, viene dallo straziante dolore di un padre che ha perso l’unica figlia per una leucemia. Villa Georgina, un edificio in stile neo-classico, fu progettato a 33 anni, nel 1920, da un baldanzoso Clemente Busiri Vici, una famiglia di architetti al lavoro da secoli e che continua ad operare nel Terzo Millennio.

Per incutere la giusta riverenza agli ospiti, Clemente piazzò all’entrata un portale storico proveniente da Villa Pamphilij. L’edificio gli era stato commissionato da un ricco industriale tessile torinese, Isaia Levi, ebreo, e spiccava in un quartiere elegante per le sue forme «importanti», tanto che Alberto Moravia che abitava nei pressi, lo prese ad ispirazione per ambientare alcune scene del suo capolavoro, «Gli indifferenti».

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Isaia Levi fu fascista dichiarato e oltre ai soldi accumulò una serie di riconoscimenti da parte dei Savoia divenendo nel’33 senatore. Quando, cinque anni dopo, le famigerate leggi razziali potevano svuotare la sua fortuna, riuscì a farsi dichiarare dal governo «non ebreo» continuando così nel suo percorso di industriale. Fu presidente della casa editrice Zanichelli e, tra l’altro, fondò la ditta «Penne Aurora».

Ma se la sorte lo favorì da un lato, lo colpì dall’altro. La bambina avuta dalla moglie Nella Coen, Giorgina, fu colpita da una leucemia che gliela portò via lasciandolo in uno straziante vuoto portato nel cuore per il resto della sua vita. Fattosi negli ultimi anni cattolico, per riconoscenza verso Pio XII che lo aveva sempre protetto, lasciò quasi tutti i suoi averi, nel 1949, alla Chiesa. E fu Papa Giovanni XXIII a portare la Nunziatura da via Nomentana a Villa Giorgina. Il nome di questa infelice bambina fu posto all’edificio dal padre nell’intenzione di perpetuare il ricordo della figlia ed in effetti sulla villa, nonostante le sue funzioni diplomatiche, sembra prevalere un’aura malinconica sul tono distinto proprio di un’ambasciata.

Il ritrovamentodelle misteriose ossa umane di questi giorni aggiunge una nota «noir» ad un’atmosfera carica di colori ombrosi. L’adesione forse opportunistica dell’industriale al fascismo, l’ottenimento (con quali mezzi?) di un attestato di non appartenenza alla fede dei padri, il trasferimento ad una nuova religione (conversione o gratitudine?), infine la negazione di qualsiasi lascito ereditario alla moglie: circostanze che avvolgono Villa Giorgina piuttosto in un dramma che non in una serena rappresentazione di una brillante storia del Novecento.

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