16 novembre 2018 - 09:12

Condannato a 4 anni Abdel Salem
Napulsi il jihadista che aiutò l’attentatore di Berlino Anis Amri

L’ostilità verso la globalizzazione. L’odio per l’emancipazione femminile. L’auto addestramento sul web. Le indagini rivelarono i progetti per un attentato sulla Linea B della metropolitana

di Ilaria Sacchettoni

Condannato a 4 anni Abdel Salem  Napulsi il jihadista che aiutò l’attentatore di Berlino Anis Amri
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Quattro anni di carcere in Italia poi, a fine pena, l’espulsione dal nostro Paese. É questa la decisione del giudice nei confronti di Abdel Salem Napulsi, il presunto terrorista legato alla rete italiana di fiancheggiatori di Anis Amri, l’attentatore di Berlino (dicembre 2016).Le indagini, coordinate dal pm Sergio Colaiocco, avevano portato alla luce diversi elementi di pericolosità: l’ auto addestramento in Rete, i collegamenti con i fondamentalisti di Latina (gli stessi che frequentarono Amri), l’esaltazione e promozione dei propri obiettivi (dalla liberazione della Palestina alla guerra nei confronti dell’Occidente). Le intercettazioni avevano delineato abitudini, metodi e ideologia del gruppo. Dalla rabbia nei confronti dell’emancipazione femminile all’ostilità complessiva verso la globalizzazione.

Nessun dubbio sull’attendibilità della ricostruzione di questo mondo fatta dalla Digos. Anzi, nel predisporre la sua ordinanza di arresto, il gip Costantino de Robbio aveva sottolineato la gravità della situazione: «L’attenta e costante opera di vigilanza e prevenzione attuata dalle forze dell’ordine di concerto con la Procura ha evitato che dalla fase di radicalizzazione e di addestramento si passasse all’azione con l’esecuzione di attentati terroristici, in alcuni casi pianificati nei minimi particolari». Solo un monitoraggio energico ha evitato finora il peggio, insomma. Sempre quelle intercettazioni avevano rivelato che un gruppo di tunisini e lo stesso Amri coltivavano il progetto di un attentato nella metro B, alla stazione Laurentina.

Ma come era nata l’inchiesta? Era la fine di dicembre 2016, e tre mandati di perquisizione fra la capitale e Aprilia, invitavano a non sottovalutare il radicalismo sul territorio pontino. Anis Amri aveva appena colpito al mercatino natalizio di Berlino: una serie di contatti telefonici e un indirizzo, ad Aprilia appunto, indicavano che il terrorista di Charlottenburg era passato di qui. Il 12 marzo 2017 era stata la volta dell’espulsione di Hicham Al Arabi, bracciante che viveva nel basso Lazio. Secondo la Digos romana che indagava su di lui, insieme con la polizia postale e la questura di Latina, anche Al Arabi, 37 anni, aveva contatti con la galassia jihadista. Sul suo profilo Facebook aveva aderito alla fede islamica più estrema, quella in prossimità dei gruppi terroristici.

Quindi nuove richieste di intercettazioni e nuove indagini avevano portato a Napulsi e a un gruppo di autori di documenti falsi. Gruppo funzionale, secondo gli investigatori, a favorire i progetti di Napulsi e che avrebbe fornito documenti e supporto ai trafficanti di immigrati.Quanto a Napulsi il capo d’imputazione è chiaro: «Acquisiva istruzioni sull’uso di armi da fuoco (quali carabine e lanciarazzi soprattutto del tipo PRG-7 nonché sulla modifica di armi di libera vendita) poneva in essere comportamenti — quali l’esame delle possibilità di acquisto o locazione di mezzi di trasporto pesanti quali camion o pick up — idonei a montare armi da guerra, nonché a scaricare e visionare modalità di acquisito di armi di libera vendita - univocamente finalizzati ad arrecare grave danno al Paese».

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