19 ottobre 2018 - 22:57

Roma, un muro attorno al Baobab «Sembra un lager per migranti»

La denuncia dei volontari che assistono 300 rifugiati transitanti nel campo a ridosso della stazione Tiburtina. Gli operai stanno montando barriere in cemento e grate metalliche. Le Ferrovie: «Solo lavori per cantieri, abbiamo cominciato ad agosto»

di Rinaldo Frignani

Una delle foto postate da Baobab Experience su Facebook Una delle foto postate da Baobab Experience su Facebook
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Polemiche al Tiburtino per la costruzione di barriere in cemento armato e grate metalliche attorno al campo profughi di Baobab Experience. Sono stati gli stessi attivisti del movimento di volontari che assistono trecento persone accampate nei pressi dello scalo ferroviario, nella piazza ribattezzata Maslax, a denunciare il fatto. Anche se le Ferrovie, proprietarie dei terreni attorno alla stazione, spiegano che in realtà i lavori sono cominciati il 27 agosto scorso e riguardano una vasta area nella stessa zona dove dovranno sorgere dei cantieri e che le barriere servono proprio a delimitare i punti interessati dai lavori. A installare le barriere sono alcune squadre di operai vestiti con tute arancioni, senza la presenza di forze dell’ordine.

«Saremo sotto sequestro?»

«Come faremo entrare acqua, pasti ed eventuali mezzi di soccorso? La sicurezza fatta di cancellate senza diritti e’ apartheid», denunciano da Baobab che ha postato le foto delle barriere su Facebook . «Ci stanno chiudendo in gabbia, qualcosa a metà fra un campo di concentramento e una nuova frontiera. Ci stanno impedendo di entrare con le auto, portare agevolmente acqua e pasti, effettuare assistenza sanitaria lontano dalla strada, far entrare mezzi di soccorso, se necessario. Lo stanno facendo senza comunicazioni ufficiali: i nostri unici interlocutori sono gli operai della ditta appaltatrice», scrivono i volontari, che aggiungono: «Cosa accadrà una volta che anche l’ultimo piccolo accesso sarà sbarrato da un cancello elettrico? Saremo sotto sequestro? Saremo prigionieri? Nessuno, nemmeno Ferrovie dello Stato (proprietaria dello spazio in cui sorge il presidio umanitario informale) con cui in un primo momento avevamo instaurato un dialogo, è in grado di darci risposte».

«Noi in un parcheggio abbandonato senza acqua e bagni»

«Sono tre anni che chiediamo una struttura degna della parola accoglienza - continuano da Baobab - e in cambio abbiamo ricevuto solo sgomberi senza soluzioni alternative. Un parcheggio abbandonato senza acqua e bagni. Peraltro siamo noi che offriamo informazioni ai migranti per farli transitare il più velocemente possibile fuori dal campo (tempi titanici della burocrazia permettendo) verso il riconoscimento degli status di protezione che gli spettano per diritto. Siamo noi che informiamo sulla situazione al campo: la stampa, i cittadini, i migranti stessi, rispetto ai pericoli della vita in strada. Lo facciamo perche’ a Roma c’e’ il vuoto in cui si cerca di annullare ogni diritto acquisito, ogni prospettiva futura di giustizia sociale».

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