15 settembre 2018 - 12:28

Papa Francesco a Palermo: «Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Perciò ai mafiosi dico: convertitevi»

Nella messa celebrata sul lungomare di Palermo per ricordare don Pino Puglisi, ucciso da Cosa Nostra 25 anni fa, primo martire di mafia: «Sapeva che rischiava ma sapeva che il pericolo vero nella vita è non rischiare, è vivacchiare tra mezzucci e scorciatoie»

di Gian Guido Vecchi, inviato a Palermo

Il Papa ha celebrato messa sul lungomare di Palermo (Ap) Il Papa ha celebrato messa sul lungomare di Palermo (Ap)
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PALERMO - «Me l’aspettavo». Sono passati venticinque anni da quando don Pino Puglisi venne ucciso da due killer di Cosa nostra il 15 settembre 1993, il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, nel quartiere Brancaccio. Aveva sorriso ai suoi assassini, «non ci ho dormito la notte» disse uno dei sicari, ed ora Francesco al Foro Italico, spiega che don Pino «coronò la sua vittoria col sorriso» e sillaba: «Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore». Oggi abbiamo bisogno di uomini e donne di amore, non di uomini e donne di onore. Di servizio, non di sopraffazione. Di camminare insieme, non di rincorrere il potere. Se la litania mafiosa è: “Tu non sai chi sono io”, quella cristiana è: “Io ho bisogno di te”. Se la minaccia mafiosa è: “Tu me la pagherai”, la preghiera cristiana è: “Signore, aiutami ad amare”. Perciò ai mafiosi dico: cambiate, fratelli e sorelle! Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi. Voi sapete che il sudario non ha tasche, non potere portare niente con voi! Convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo! Io dico a voi, mafiosi: se non fate questo, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte».

Primo martire della mafia

Ci sono ottantamila fedeli alla messa sul lungomare di Palermo. Oggi è la memoria liturgica di don Puglisi, primo martire di mafia, proclamato beato cinque anni fa per essere stato ucciso «In odium fidei», in odio alla fede. Nel pomeriggio Francesco andrà al quartiere Brancaccio, nella parrocchia di San Gaetano e in piazzale Anita Garibaldi 5, nella casa di fronte alla quale fu ucciso. E l’omelia del Papa è tutta incentrata sulla logica evangelica, «chi ama la propria vita, la perde», opposta a quella del mondo: «Don Pino sapeva che rischiava, ma sapeva soprattutto che il pericolo vero nella vita è non rischiare, è vivacchiare tra comodità, mezzucci e scorciatoie». A Piazza Armerina aveva invitato ad andare fuori dalle sagrestie come il «sacerdote martire» divenuto nato, «andate per i vicoli, i crocicchi, le piazze e i luoghi di vita feriale». Ora il Papa scandisce: «Dio ci liberi dal vivere al ribasso, accontentandoci di mezze verità. Dio ci liberi da una vita piccola, che gira attorno ai “piccioli”. Ci liberi dal pensare che tutto va bene se a me va bene. Ci liberi dal crederci giusti se non facciamo nulla per contrastare l’ingiustizia. Ci liberi dal crederci buoni solo perché non facciamo nulla di male. Signore, donaci il desiderio di fare il bene; di cercare la verità detestando la falsità; di scegliere il sacrificio, non la pigrizia; l’amore, non l’odio; il perdono, non la vendetta». L’alternativa è chiara. «Cari fratelli e sorelle, oggi siamo chiamati a scegliere da che parte stare: vivere per sé o donare la vita. Solo dando la vita si sconfigge il male. Un prezzo alto. Don Pino lo insegna: non viveva per il dio denaro, non viveva per farsi vedere, non viveva di appelli anti-mafia, e nemmeno si accontentava di non far nulla di male, ma seminava il bene, tanto bene. La sua sembrava una logica perdente, mentre pareva vincente la logica del portafoglio. Ma padre Pino aveva ragione: la logica del dio-denaro è perdente. Guardiamoci dentro. Avere spinge sempre a volere: ho una cosa e subito ne voglio un’altra, e poi un’altra ancora, sempre di più, senza fine. Più hai, più vuoi: è una brutta dipendenza. Come una droga. Chi si gonfia di cose scoppia. Chi ama, invece, ritrova se stesso e scopre quanto è bello aiutare, servire; trova la gioia dentro e il sorriso fuori, come è stato per don Pino».

Amore o egoismo

La vera sconfitta, nella logica evangelica, è amare la propria vita. «Perché? Non certo perché bisogna avere in odio la vita: la vita va amata e difesa, è il primo dono di Dio! Quel che porta alla sconfitta è amare la propria vita, amare il proprio. Chi vive per il proprio perde». Eppure «sembrerebbe il contrario», prosegue Francesco: «Chi vive per sé, chi moltiplica i suoi fatturati, chi ha successo, chi soddisfa pienamente i propri bisogni appare vincente agli occhi del mondo. La pubblicità ci martella con questa idea, eppure Gesù non è d’accordo e la ribalta. Secondo lui chi vive per sé non perde solo qualcosa, ma la vita intera; mentre chi si dona trova il senso della vita e vince». Dunque «c’è da scegliere: amore o egoismo», spiega Bergoglio: «L’egoista pensa a curare la propria vita e si attacca alle cose, ai soldi, al potere, al piacere. Allora il diavolo ha le porte aperte: il diavolo entra dalle tasche. Fa credere che va tutto bene ma in realtà il cuore si anestetizza. Questa via finisce sempre male: alla fine si resta soli, col vuoto dentro. È come il chicco di grano del Vangelo: se resta chiuso in sé rimane sotto terra solo. Se invece si apre e muore, porta frutto in superficie». E pazienza se il mondo non vive così, se si pensa che «per andare avanti non servono chicchi di grano, servono soldi e potere». È «una grande illusione», dice Francesco: «Il denaro e il potere non liberano l’uomo, lo rendono schiavo. Vedete: Dio non esercita il potere per risolvere i mali nostri e del mondo. La sua via è sempre quella dell’amore umile: solo l’amore libera dentro, dà pace e gioia. Per questo il vero potere, il potere secondo Dio, è il servizio. E la voce più forte non è quella di chi grida di più, ma la preghiera. E il successo più grande non è la propria fama, ma la propria testimonianza».

Populismo cristiano

L’esempio di Don Pino. «Oggi, davanti a lui domandiamoci: “Che cosa posso fare io? Che cosa posso fare per gli altri, per la Chiesa?”». Il Papa alza lo sguardo: «Non aspettare che la Chiesa faccia qualcosa per te, comincia tu. Non aspettare la società, inizia tu! Non pensare a te stesso, non fuggire dalla tua responsabilità, scegli l’amore! Senti la vita della tua gente che ha bisogno, ascolta il tuo popolo. Questo è l’unico populismo possibile, l’unico “populismo cristiano”: sentire e servire il popolo, senza gridare, accusare e suscitare contese». È ciò che ha fatto don Puglisi, «povero fra i poveri della sua terra», conclude Francesco «Nella sua stanza la sedia dove studiava era rotta. Ma la sedia non era il centro della vita, perché non stava seduto a riposare, ma viveva in cammino per amare. Ecco la mentalità vincente. Ecco la vittoria della fede, che nasce dal dono quotidiano di sé. Ecco la vittoria della fede, che porta il sorriso di Dio sulle strade del mondo. Ecco la vittoria della fede, che nasce dallo scandalo del martirio. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”. Queste parole di Gesù, scritte sulla tomba di don Puglisi, ricordano a tutti che dare la vita è stato il segreto della sua vittoria, il segreto di una vita bella. Oggi scegliamo anche noi una vita bella».

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