22 settembre 2018 - 15:28

Sant’Eustachio accoglie i poveri nella sua casa, come nella Roma imperiale

Nella basilica che dà il nome al rione del Pantheon apre oggi la Casa della Misericordia nei locali sotterranei che 2mila anni fa ospitavano la casa del santo, noto ai suoi tempi per dare rifugio e sfamare gli ultimi

di Ester Palma

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Pasti caldi, rifugio e assistenza per i poveri e gli sbandati, esattamente nel luogo in cui, quasi duemila anni fa, nel I secolo dopo Cristo, faceva lo stesso il ricco e potente generale Placido: che abitava con la moglie e i figli in una bella casa nel centro della Roma imperiale, poco lontano dal Pantheon, in cui ogni giorno accoglieva e sfamava gli ultimi. Il generale si convertì al cristianesimo con tutta la famiglia prendendo il nome di Eustachio, e morì martire. La sua casa, già dall’VIII secolo, è diventata la Basilica a lui dedicata, nel rione omonimo. E oggi pomeriggio, nei locali finora abbandonati sotto la chiesa, quelli dell’antica casa di Sant’Eustachio, ma ristrutturati e messi a norma grazie al contributo dei fedeli, sarà inaugurata da monsignor Gianrico Ruzza, vescovo ausiliare di Roma Centro, la «Casa della Misericordia».

«Tutto solo grazie alla carità»

«Sarà un vero e proprio polo per il sociale - spiega monsignor Pietro Sigurani, rettore della Basilica - che prevede l’accoglienza degli ospiti tutti i giorni, soprattutto quando piove e fa freddo, in un’area dedicata all’igiene con docce e lavanderia e con un centro di aggregazione per coniugare l’accoglienza e la formazione con attività culturali e di sostegno sociale e psicologico. sarà una specie di caffè, in cui chiunque potrà trovare riparo, ma anche il modo per fare due chiacchiere e per incontrarsi». A Sant’Eustachio non sono nuovi a iniziative del genere: sotto il portico della basilica, già da 6 anni, ogni giorno a 120 poveri viene servito un pasto completo di dolce, caffè e frutta: «Perché la pastasciutta sfama lo stomaco, ma il dolce è per l’anima», spiega il monsignore. Il tutto grazie a un catering pagato dalla carità dei fedeli: «Noi facciamo tutto solo con la carità. Io credo che la carità della Chiesa vada pagata con la carità. E la Provvidenza non ci abbandona mai: siamo in centro, proprio davanti al Senato, ci sono i nostri fedeli di zona, ma anche tanta gente che passa e lascia qualcosa per i nostri poveri». Gli «ospiti» vengono da tutto il mondo: tanti italiani, ma anche migranti e rom, che a Sant’Eustachio sanno di trovare non solo un pasto, ma anche una parola buona, un’opportunità per rimettersi in gioco.

«L’Università degli Scartati»

«Quello che conta, e cui noi puntiamo, è la dignità di queste persone, non solo a dare loro da mangiare»: tanto che don Pietro sta per lanciare un’altra iniziativa «sociale». l’«Università degli scartati», per riprendere un termine caro a Papa Francesco. «Sarà intitolata a Giulia Carnevale, studentessa 23enne di Ingegneria morta nel terremoto dell’Aquila, saranno i suoi genitori a tagliare il nastro. Vogliamo offrire corsi di lingue e cultura varia. Ma non basta. Stiamo aprendo anche una casa editrice , grazie al sostegno di docenti e intellettuali che ci aiutano». E per i suoi poveri don Pietro ha in mente anche un «polo della bellezza»: un centro che oltre alle docce offra il parrucchiere, manicure e altri servizi estetici oltre a una lavanderia e un servizio di rammendo degli abiti usurati. «Sono i poveri che salveranno noi, non il contrario. Ci costringeranno a cambiare vita e modelli economici. Non dobbiamo chiudere le porte».

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