31 gennaio 2019 - 08:41

Leggi razziali, al liceo Visconti targa in ricordo dei 58 alunni ebrei cacciati

Stamani la cerimonia: è la prima scuola italiana a compiere questo atto di giustizia verso le vittime della discriminazione: avevano dagli 11 ai 18 anni e nel settembre 1938 furono cancellati dai registri

di Roberto Della Seta (ex presidente Legambiente)

Il liceo Visconti in piazza del Collegio romano (foto Corradetti/LaPresse) Il liceo Visconti in piazza del Collegio romano (foto Corradetti/LaPresse)
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Questa mattina nel cortile del liceo Visconti verrà scoperta una targa con 58 nomi: delle ragazze e dei ragazzi dagli 11 ai 18 anni che nel settembre 1938 furono espulsi dalla scuola per le leggi razziali.

È la prima volta che una scuola italiana compie un gesto così. Per il Visconti, liceo romano a pochi passi dal Ghetto, questa del ’38 fu quasi una decimazione. Cinquantotto alunni si ritrovarono da un giorno all’altro cancellati dai registri già pronti per l’inizio dell’anno scolastico; trasformati per legge in «non cittadini». Tra loro c’erano mio padre Piero, 16 anni, sua sorella Giovanna, 13 anni, molti loro cugini e moltissimi loro amici. Tra loro c’erano anche Giancarlo Della Seta e Lello Frascati, 11 anni tutti e due, che cinque anni dopo, il 16 ottobre 1943, figureranno nell’elenco dei 1023 ebrei romani «rastrellati» dai tedeschi nel Ghetto e deportati a Auschwitz. Torneranno vivi in 16: né Giancarlo né Lello.

In quel settembre di 81 anni fa per i 58 espulsi del Visconti, come per altre migliaia di bambini e ragazzi italiani cacciati da scuola perché ebrei, cominciò un cammino di sofferenza lungo degli anni, sempre più incerto e doloroso fino alla Liberazione. Anni passati prima da «invisibili» – ignorati ed evitati dal mondo di amici, compagni di scuola, vicini di casa non ebrei che fino al giorno prima consideravano il loro mondo – e alla fine sotto l’occupazione nazista da «clandestini». Qualcuno – Giancarlo, Lello – finì sommerso dalla tragedia della Shoah, la maggioranza le sopravvisse e più d’uno tra i sopravvissuti – Gino Fiorentino morto di recente, Piero Piperno, che stamattina racconterà la sua esperienza davanti alla targa con anche il suo nome – s’impegnerà per tenere vivo tra gli italiani, soprattutto tra i giovani, il ricordo di allora. Nella vita di tutte le vittime, dei «sommersi» come dei «salvati», il settembre delle leggi razziali segnò la fine dell’innocenza. Onorarne i nomi è un atto di giustizia. Per me e spero per tanti è anche un atto di ribellione civile contro l’antisemitismo e il razzismo, che continuano, ed è un atto di speranza in un futuro senza più invisibili e clandestini.

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