23 maggio 2019 - 14:39

Pedofilia, la Cei introduce l’obbligo morale di denuncia alle autorità civili

Dopo il Motu proprio del Papa, nelle linee guida approvate dalla Conferenza episcopale italiana sulla tutela dei minori è previsto per «clerici e religiosi per i quali, in seguito a un’indagine previa, si confermi una “verosimiglianza” delle accuse di pedofilia»

di Ester Palma

Pedofilia, la Cei introduce l'obbligo morale di denuncia alle autorità civili
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Non più solo denunce alle autorità ecclesiastiche: di fronte a casi di pedofilia e abusi su minori commessi da un religioso, i confratelli o superiori hanno un obbligo morale» di denunciare la cosa alle autorità civili. Nelle linee guida approvate dalla Cei sulla tutela dei minori, vengono recepite le regole approvate dal summit delle diocesi mondiali dello scorso febbraio, legato proprio al fenomeno degli abusi, e del Motu proprio di Francesco, pubblicato pochi giorni fa. Tale obbligo di denuncia è quindi previsto in caso di «clerici e religiosi per i quali, in seguito a un’indagine previa, si confermi una «verosimiglianza» delle accuse di pedofilia. Lo ha detto mons. Lorenzo Ghizzoni, responsabile della Commissione Cei per la tutela dei minori, spiegando che «è un grande passo in avanti».

I lavori dell’Assemblea dei vescovi

La «novità» è stata espressa durante i lavori della 73esima assemblea generale della Cei, che ha approvato le Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili. Ecco i principi base, contenuti nel comunicato finale dell’assemblea: «Il rinnovamento ecclesiale, che pone al centro la cura e la protezione dei più piccoli e vulnerabili come valori supremi da tutelare, punto di riferimento imprescindibile e criterio dirimente di scelta; l’ascolto delle vittime e la loro presa in carico; l’impegno per sviluppare nelle comunità una cultura della protezione dei minori, di cui è parte la formazione degli operatori pastorali; una selezione prudente dei candidati agli ordini sacri e alla vita consacrata; la collaborazione con l’autorità civile nella ricerca della verità e nel ristabilimento della giustizia; la scelta della trasparenza, sostenuta attraverso un’informazione corretta, attenta a evitare strumentalizzazioni e parzialità; l’individuazione di strutture e servizi a livello nazionale, inter-diocesano e locale, finalizzati a promuovere la prevenzione grazie all’apporto di competenze e professionalità».

La lotta agli abusi da Benedetto a Francesco

La lotta alla pedofilia nella Chiesa non è iniziata ora: già nel 2010 papa Benedetto XVI aveva per esempio raddoppiato (da 10 a 20 anni da quando il minore diventa maggiorenne) i tempi di prescrizione degli abusi sui ragazzi. Francesco ha ripreso e rafforzato le iniziative del suo predecessore: dopo il summit dello scorso febbraio con i capi di tutte le conferenze episcopali mondiali, pochi giorni fa col Motu Proprio «Vos estis lux mundi», il Papa stabilisce un principio finora mai imposto, ovvero l’obbligo di denuncia (interno) di violenze. Il che significa che tutti i chierici, i religiosi e le religiose devono «segnalare tempestivamente» all’autorità ecclesiastica tutte le notizie di abusi di cui vengano a conoscenza come pure le eventuali omissioni e coperture nella gestione dei casi di abusi. Non solo: vescovi e superiori religiosi che dovessero «coprire» i colpevoli, saranno considerati a loro volta colpevoli. E ancora: entro giugno 2020 ogni diocesi del mondo dovrà avere a disposizione un sistema facilmente accessibile al pubblico per ricevere le segnalazioni, su cui i vescovi locali e dovranno indagare per informare in caso di veridicità delle accuse la Santa Sede.

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