Baracche, tende e rifiuti sul Tevere: le sponde abbandonate alla sporcizia

di Rinaldo Frignani

Ispezione sul fiume insieme con gli agenti della Fluviale della polizia di Stato. Paesaggi suggestivi, ma da contraltare ci sono le discariche sul greto insieme con qualche insediamento. Rischio di altri incendi, anche nei pressi del Ponte di Ferro

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Gli agenti della Fluviale della polizia di pattuglia sul Tevere (Barsoum/Lapresse)

La prova del nove si avrà con le prime piene della stagione autunnale. Il livello del fiume si alzerà come sempre, a causa del maltempo e dell’apertura della diga di Corbara, e allora restare sulle sponde del Tevere sarà davvero pericoloso. A quel punto si capirà quanti hanno deciso di rimanere a vivere lungo il corso, soprattutto fra quello che resta del Ponte di Ferro e la zona di Vitinia-Acilia-Dragona. Adesso le baracche e le tende non sono molte.

Almeno quelle che si riescono a vedere proprio dall’acqua: la Fluviale della polizia di Stato, coordinata dalla Questura, nata dalle ceneri della Squadra nautica, pattuglia la zona con imbarcazioni spinte da potenti motori da 150 cavalli, mantenuti al minimo regime anche per non disturbare troppo la fauna che si può trovare in questo tratto del Tevere: aironi e germani, soprattutto, per nulla intimoriti dai mini insediamenti quasi nascosti dalla fitta vegetazione, fra il viadotto della Magliana e ponte Marconi.

Tende e gazebo montati con cura, di un verde molto scuro. Una scelta non casuale per mimetizzarsi con la boscaglia lungo gli argini. Qui vive un altro popolo nascosto di senzatetto, più solitario e pronto a confrontarsi ogni giorno non solo con le difficoltà di chi si arrangia come può, ma anche con la natura che non fa sconti. Senza contare che sebbene in certi punti il panorama sia meraviglioso, la navigazione è rischiosa, a causa di tronchi galleggianti che si trasformano in ostacoli micidiali: affiorano dalle acque, come l’isolotto prima della Magliana e i resti di un antico molo, sono pressoché invisibili in alcuni punti, e le rapide li rendono ancora più pericolosi.

Dall’«Anaconda», la struttura galleggiante che fa anche da punto di raccordo naturalistico nei pressi del ponte di Vitinia-Mezzocammino, andando verso il centro di Roma, le anse del fiume nascondono di tutto: non solo baracche, ma anche rifiuti. Compresi quelli ingombranti. Ci sono frigoriferi, da casa e perfino da bar, con la pubblicità di una nota marca di gelati. Ci sono le tracce del passaggio di altri clochard che hanno vissuto in baracche che non ci sono più. Ci sono imbarchi abbandonati, passerelle in legno e anche un’imbarcazione semi affondata, a testimonianza che il Tevere, in questo punto davvero suggestivo, avrebbe bisogno di una manutenzione continua, e soprattutto urgente. Anche perché i rifiuti non mancano: in acqua, sulle sponde, ancora una volta impigliati fra i rami degli alberi.

Scoperte che di naturalistico non hanno niente e che anzi fanno rabbia proprio in rapporto alla bellezza del paesaggio e a quanto si potrebbe fare per renderlo fruibile a tutti. Ma in questo scorcio di Tevere, circa due chilometri, che si concludono verso Roma proprio sotto Ponte di Ferro annerito dalle fiamme che lo hanno quasi distrutto qualche settimana fa, il tempo della pulizia e delle bonifiche sembra essersi fermato. E pensare che a contribuire ad alimentare quel rogo devastante sono stati proprio i resti di una baraccopoli e cumuli di cartone scaraventati nella scarpata. Non si esclude però che presto vengano organizzate delle operazioni straordinarie da parte del comando dei vigili urbani. Iniziative che dovrebbero scattare dopo un confronto con il Campidoglio per individuare le zone più a rischio.

27 ottobre 2021 (modifica il 27 ottobre 2021 | 09:22)