22 aprile 2018 - 10:25

Mannarino: l’impero del pop (d’autore) in tre concerti

Il cantautore in concerto nella sala Santa Cecilia domenica, lunedì e mercoledì. E il 25 luglio il «gran finale» al Festival Rock in Roma

di Sandra Cesarale

Alessandro Mannarino (foto Pucciariello) Alessandro Mannarino (foto Pucciariello)
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Roma è nel dna di Mannarino. Anche adesso che gira l’Italia e colleziona sold out in quasi tutte le date. Anche dopo l’uscita dell’ultimo album di inediti «Apriti cielo», pubblicato nel 2017 e finito immediatamente in cima alle classifiche. L’ispirazione per scriverlo, ha detto, l’ha trovata dopo un lungo viaggio in Brasile. Però Roma compare pure fra i ritmi sudamericani che incombono, e ha la forma di una canzone. «Voglio brindà co la cicuta/ A sta città che resta muta/ E si protesta qui nun se sente», canta Alessandro Mannarino, classe 1979, cresciuto a San Basilio.

Ambiente popolare

«Mia madre mi ripeteva sempre: “Se ti chiedono dove vivi, rispondi sempre tra la Nomentana e la Tiburtina”», ha raccontato lui spiegando perché ha indossato durante un concerto la maglietta con la scritta «case popolari». «Vado fiero delle mie origini. L’ambiente popolare mi ha dato un cuore». Che ha messo in musica insieme alle storie di poveracci, sbandati senza speranza. «Se faccio diventa’ un mito i barboni, le prostitute e i disgraziati, mi sento un po’ eroe anche io», diceva agli esordi, quando il suo Bar della rabbia gli fece ampliare la platea che lo ascoltava suonare per le strade di Monti e che nel tour di Apriti cielo ha raggiunto centomila spettatori. Un successo che è stato suggellato da un album dal vivo (Apriti cielo live, appunto) e da nuovi concerti, riuniti sotto il titolo «L’impero crollerà», che stasera, domani e mercoledì si terranno all’Auditorium. Le prime due date sono sold out. I biglietti sono disponibili soltanto per la terza. Il tour si concluderà il 25 luglio a Rock in Roma, un «gran finale» live lungo tre ore, anticipato nel pomeriggio da tante sorprese.

Il diritto alla fantasia

Nel tris di concerti all’Auditorium, Mannarino sarà circondato dalla sua corposa band formata da Puccio Panettieri (batteria), Alessandro Chimienti (chitarre), Renato Vecchio (fiati), Seby Burgio (pianoforte e tastiere), Lavinia Mancusi (voce, violino e tamburi), Nicolò Pagani (basso e contrabbasso), Daniele Leucci (percussioni, vibrafono). Sul palco sventola una grande bandiera nera, simbolo dell’impero: metafora dell’Occidente ma anche delle paure che bloccano gli individui. Ha spiegato in una recente intervista: «Non parlo dell’impero capitalistico o di quello di Star Wars. Nelle mie canzoni non ho nomi e cognomi da fare, ma sensazioni, emozioni, ombre da condividere con chi mi ascolta. Reclamo il diritto alla fantasia». Una laurea in Antropologia, messa nel cassetto (anzi, ha confessato di non aver mai ritirato l’attestato) per fare il musicista e quattro album di inediti all’attivo. Merito del nonno, un ex partigiano appassionato di jazz e opera, che leggeva Trilussa al piccolo Mannarino prima di metterlo a dormire. E quando il successo tardava ad arrivare lo spronava a scrivere le sue canzoni di lotta. «E non di protesta — ha sottolineato — è una parola che non mi piace, perché implica una sconfitta».

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