26 aprile 2018 - 23:08

Di Maio: «Renzi si siederà al tavolo»

Il leader ai suoi: «Martina è d’accordo». Ma Colletti: forno con la Lega aperto. E c’è chi è sicuro: «Salvini lascerà Berlusconi». Nugnes in assemblea: «Contratto incostituzionale»

di Alessandro Trocino

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ROMA La linea, un po’ per strategia, un po’ per esasperazione, è quella di credere al miracolo di un Pd che si ricompatti e magicamente accetti di ragionare sul conflitto d’interessi e sulle modifiche alle leggi dem della scorsa legislatura. Per questo Luigi Di Maio, parlando con i suoi, fa filtrare un ottimismo decisamente marcato: «Sono sicuro che Renzi si siederà al tavolo. I suoi mi hanno detto che Martina è d’accordo con lui». Solo una postilla, cautelativa: «Aspettiamo una settimana e vediamo come va a finire».

La dignità e la Lega
Di Maio è durissimo con la Lega. Ai parlamentari, riuniti in seduta comune, ieri sera ha dichiarato definitivamente chiuso il «forno» con il Carroccio: «Abbiamo una dignità». Tanto che in casa M5S accolgono con interesse ma anche con aperto scetticismo, visti i recenti trascorsi, le voci che arrivano da fonti leghiste: «Salvini è pronto a mollare Berlusconi. Vedrete, dopo il trionfo in Friuli, ci sarà la rottura».
Si vedrà se davvero il leader leghista avrà la voglia e il coraggio di rompere l’alleanza di centrodestra. Dovrebbe pagare un prezzo alto, perché alle elezioni ci è andato con un’alleanza a tre e perché Berlusconi potrebbe scatenargli la controaerea delle tv, come ha detto lo stesso Di Maio nel discorso post-consultazioni. Quella che era sembrata a molti una difesa di Salvini e un’apertura alla Lega, non lo era affatto, si sono affrettati a spiegare gli uomini di Di Maio: «Assolutamente il forno è chiuso. Basta, di Salvini non ci fidiamo più, abbiamo aspettato anche troppo». Verità? O l’ennesima mossa per depistare e attendere gli sviluppi del Carroccio?

La delusione e la virata
Comunque sia, per ora la delusione in casa M5S sembra palese. Per settimane, il quartier generale del Movimento ha lanciato parole d’ordine favorevoli alla Lega. Perfino Beppe Grillo, forse non a caso desaparecido in questi giorni, aveva detto: «Di Salvini ci si può fidare». Tanto ottimismo è andato in frantumi, visto la tetragona resistenza del leghista, che ha continuato a ribadire il patto con Berlusconi, per quanto più volte messo a dura prova, prima dallo show al Quirinale contro il partito «antidemocratico», poi dalle parole sui 5 Stelle e Hitler.
A quel punto, Di Maio ha deciso di cambiare toni e di passare all’attacco. Virando, con una manovra spericolata che ha irritato molta parte della base, verso il Pd. E cominciando a far capire a Salvini che rischia di restare fuori della partita. La delusione, da amante respinta, è appena mitigata dalla speranza di un contr’ordine. Ma alla fine del tunnel di questo travagliato inizio di legislatura, ormai i 5 Stelle vedono chiara l’ipotesi di un ritorno alle urne. Che non li spaventa, visti i sondaggi positivi. Anche se, tornando a votare a pochi mesi di distanza, non reggerebbe più una campagna in totale solitudine. Dovrebbero prospettare una convergenza.

Attendismo e coerenza
Ma è una ipotesi ancora lontana. Prima bisogna esaurire gli scenari in corso. E il Pd è il primo. Di Maio ribadisce: «Vedrete, le resistenze che ci sono, passeranno tra pochi giorni». Eppure, anche questo scenario è irto di difficoltà. Anche la scelta di lanciare il conflitto d’interessi come tema fondamentale, è molto rischiosa. Come spiega il deputato Andrea Colletti: «Fu proprio il Pd a bloccare la legge sul conflitto d’interesse, alla quale aveva lavorato Riccardo Fraccaro». Vero. E il tema del conflitto è un punto dolente per il Pd, che non è mai riuscito ad occuparsene fino in fondo, anche negli anni precedenti. E allora: «Per me resta aperto il forno con la Lega», dice Colletti. Che aggiunge: «Il premier deve essere dei 5 Stelle. Di Maio o un altro. E se ci fosse una scelta, sarebbero gli elettori a votare». Anche Gianluigi Paragone è scettico sul Pd: «Se sostiene ancora le politiche dell’ultima legislatura, direi che non ci siamo». E sull’attendismo di Salvini: «Sta facendo un calcolo: aspetta per prendersi tutto». E, forse, anche i 5 Stelle attendono. Se è vero quello che ammette Giulia Grillo: «Per coerenza avremmo preferito governare con la forza premiata nelle elezioni, cioè la Lega». Paola Nugnes, invece, in assemblea, avanza dubbi su un contratto che vincoli gruppi e parlamentari: «Sarebbe incostituzionale».

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