15 maggio 2018 - 22:16

Toti: «La Lega sia chiara: deve governare per traghettarci verso un altro voto»

Giovanni Toti, 49 anni, Forza Italia, presidente della Regione Liguria dal 2015: «Si deve dire che è un governo di traghettamento, che nasce da uno stato di necessità, che servirà un nuovo voto e una nuova legge elettorale per poi ripartire con la coalizione di centrodestra»

di Paola Di Caro

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ROMA È ancora convinto che il tentativo di formare un governo vada fatto, perché «l’ipotesi di votare tra pochi mesi è pericolosa, e quella di andare alle urne addirittura in estate era grottesca». Ma oggi Giovanni Toti, presidente della Liguria, mette in guardia Matteo Salvini dai tanti rischi che corre con un esecutivo con il M5S che non nasca nella chiarezza delle posizioni, che non abbia un programma soddisfacente e che sia eventualmente guidato da un tecnico e non da un politico: «Abbiamo detto no al governo di tregua che proponeva Mattarella proprio perché le recenti esperienze di governi tecnici non hanno lasciato un buon ricordo. Se adesso ci trovassimo con un premier non politico, sarebbe un vero corto circuito».

Lei era il più favorevole in Forza Italia a lasciar partire un governo Lega-M5S: cosa è cambiato?
«Lo vedremo alla fine, se il governo nascerà. Ma è il momento di essere chiari su alcuni punti. Il primo è il programma: Lega e M5S partono da posizioni molto lontane, che non sono compatibili o lo sono molto difficilmente. Noi siamo per le grandi opere, la defiscalizzazione, il salvataggio della siderurgia, la banda larga, una giustizia più veloce, loro fanno tintinnare le manette sul fisco, hanno una furia iconoclasta verso opere pubbliche che servono al Paese, pensano alla decrescita felice. Vedremo quale sarà la sintesi, e anche come sarà presentata».

In che senso?
«Nel senso che la narrazione di questo governo deve essere chiara da parte della Lega. Si deve dire che è un governo di traghettamento, che nasce da uno stato di necessità, che servirà un nuovo voto e una nuova legge elettorale per poi ripartire con la coalizione di centrodestra. Non si deve dare l’impressione che sia nato un nuovo asse politico, che ci sia una sorta d infatuazione per un nuovo scenario».

Chiede un governo a tempo?
«No a date di scadenza. Ci sono cose da fare e si vedrà in quali tempi, ma ripeto: questo non è un governo nato dalle urne, e la nostra benevolenza critica può esistere solo nella chiarezza».

Il suo giudizio sulla trattativa in corso quale è?
«Sono abbastanza sorpreso che non si siano coinvolte finora in nessun modo le forze sociali del Paese, dai sindacati alle categorie agli enti locali. Andava fatto da ieri, mi auguro si cominci da oggi. Queste sono liturgie niente affatto indifferenti, non vorrei che il contratto fosse solo un esercizio di stile, anche perché poi bisognerà affrontare le emergenze del giorno per giorno, bisognerà fare scelte di importanza vitale per il Paese, strategiche, e la trattativa andrebbe accompagnata da un confronto ampio. Se si nasce senza nemmeno una legittimazione iniziale non è un segnale positivo».

Quanto conterà in questo senso il nome del premier?
«Il suo e quello dei ministri conteranno moltissimo. Per dire, tra un ministro della Giustizia dalla radicata cultura garantista o uno dalla marcata visione interventista della magistratura c’è una grande differenza di impostazione, al di là di quello che si scrive in un contratto. E tutto questo vale ancora di più per la figura del premier».

Ma lei crede davvero che il centrodestra potrebbe reggere di fronte ad una sua componente che è al governo e l’altra all’opposizione?
«È già successo, con il governo Monti, con il governo Letta. Ma appunto il quadro deve essere molto chiaro, senza alcuna ambiguità. In quel caso, saremo opposizione responsabile e ragionevole».

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