8 settembre 2018 - 22:15

La richiesta dei pm sulla Diciotti:
necessario ascoltare Salvini

L’ultima parola al Senato che potrebbe invocare il «preminente interesse pubblico»

di Giovanni Bianconi

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La Procura di Palermo ha impiegato una settimana, anziché le due concesse dalla legge, a studiare le carte del «caso Diciotti» e trasmettere il fascicolo al Tribunale dei ministri. Difficile procedere più in fretta. Le indagini erano precluse, e per questo i magistrati si sono limitati a valutare ciò che era arrivato dalla Procura di Agrigento e indicare ai tre giudici della sezione speciale gli atti da acquisire e le persone da interrogare. Tra cui compare l’unico indagato del procedimento: il ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Ora spetta al Tribunale decidere se e quando ascoltare il titolare del Viminale, ma secondo la Procura il suo esame è necessario insieme a quello di diversi testimoni: il capo di gabinetto Matteo Piantedosi (che non è stato inquisito, a differenza di ciò che aveva ritenuto il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio); il capo e vicecapo del dipartimento delle Libertà civili, Gerarda Pantalone e Bruno Corda, già ascoltati nel corso dell’inchiesta agrigentina; i militari della Capitaneria di porto e altri ancora.

Salvini potrà così spiegare le sue ragionie fornire la propria versione dei fatti. E l’intera attività istruttoria proposta dalla Procura dovrebbe servire a chiarire quello che è accaduto sulla nave Diciotti dal momento del salvataggio dei migranti, il 15 agosto, fino al momento dello sbarco, dieci giorni più tardi, che ha posto fine al presunto sequestro di 150 persone (27 minorenni erano già scesi). Prima però, il tribunale sarò chiamato a stabilire se è competente a indagare su questa vicenda o se deve a sua volta trasmettere gli atti a Catania, e anche per prendere questa decisione sono necessari — secondo i pubblici ministeri — ulteriori accertamenti che i pm da soli non potevano svolgere.

Il procuratore Francesco Lo Voi e l’aggiunto Marzia Sabella — titolari di numerose inchieste sul traffico di migranti che hanno ottenuto risultati giudicanti importanti anche dalle Nazioni Unite — ritengono di aver agito con correttezza e celerità. Nella consapevolezza che il loro è solo il primo atto di un’indagine dagli evidenti risvolti politici, che alla fine passerà comunque al vaglio di un organismo politico, cioè il Parlamento. Come prevede la legge. Di fronte a 177 aspiranti profughi già in territorio italiano (la Diciotti) e bloccati senza un provvedimento dell’autorità giudiziaria o amministrativa, era impossibile fare finta di niente e pressoché inevitabile ipotizzare un reato a carico di chi, impedendo lo sbarco, di fatto li ha «privati della libertà personale». Di qui l’indagine a carico di Salvini, per accertare l’eventuale sequestro di persona. Dopodiché i magistrati (il Tribunale dei ministri, ma pure la Procura che potrà partecipare all’istruttoria e interloquire con i giudici inquirenti) sanno bene che nel caso in cui ritenessero sussistente il reato e quindi non volessero archiviare il fascicolo, prima di avviare un processo si deve passare dal Senato, di cui Salvini è componente.

Se infatti si dovesse arrivare a una richiesta di rinvio a giudizio del ministro, l’assemblea di palazzo Madama potrebbe comunque negare l’autorizzazione a procedere, con un voto a maggioranza assoluta, «ove reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante, ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo». Così recita la legge costituzionale numero 1 del 1989, e questo Salvini potrà chiedere, se si dovesse arrivare a quel punto. Tutto insomma tornerebbe nelle mani del Parlamento: un organo elettivo, a differenza di pm e giudici della cui mancata rappresentatività popolare il leader leghista si lamentava nel video Facebook dell’altra sera. Ma prima bisogna fare l’indagine, che spetta al Tribunale dei ministri.

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