12 marzo 2019 - 07:16

La Ue avverte Roma sui rapporti con la Cina: «Minaccia i nostri valori, restiamo uniti»

Oggi il testo verrà trasmesso al Parlamento e al Consiglio dei capi di Stato e di governo.

di Marco Galluzzo

La Ue avverte Roma sui rapporti con la Cina: «Minaccia i nostri valori, restiamo uniti»
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Scambiamo un miliardo di euro al giorno di beni e servizi, la Ue è il primo partner commerciale, eppure la crescita del potere cinese, la pervasività della sua penetrazione in alcune economie, comprese quelle europee, il mancato rispetto di norme base del diritto internazionale, «mette a rischio» non solo il mercato unico della Ue, ma «gli stessi valori, economici e sociali, dell’Unione», almeno se questa non sarà in grado di farsi rispettare maggiormente da Pechino.

È un grido di allarme la Comunicazione che oggi la Commissione consegna al Consiglio europeo (che ne discuterà la settimana prossima) e al Parlamento di Strasburgo, anche in vista del vertice Europa-Cina che si terrà il 9 aprile. Un modo di spezzare il G2 in corso fra Washington e Pechino. Ma anche un invito al Consiglio europeo ad adottare dieci azioni concrete, e un’analisi dettagliata dei problemi che esistono fra governo cinese e Bruxelles. Ormai la Cina è divenuta, oltre che un partner, un «avversario sistemico che ha modelli di governance diversi» da quelli comunemente accettati in sede internazionale. Modelli che obbligano il Vecchio Continente a «difendere i propri principi e valori».

Addirittura nel documento, frutto di una cooperazione fra i vicepresidenti Mogherini e Katainen, vengono considerate a rischio «la prosperità, il modello sociale e i valori comuni della Ue nel lungo periodo». Le pratiche commerciali cinesi, le asimmetrie sulle condizioni di penetrazione nei rispettivi mercati, il sistema degli appalti diverso, le barriere di ingresso alle imprese europee, i sussidi pubblici alle aziende cinesi, più un lungo esempio di casi concreti di assenza di parità di condizioni, mettono oggi la Ue di fronte ad un bivio: adottare subito politiche e accordi più stringenti con la Cina «per rafforzare le proprie politiche» e difendere «la propria base industriale». Operazione che non può essere fatta, e qui il documento è di estrema attualità per il nostro Paese alla vigilia della firma dell’accordo con la Cina, senza l’unità dei 27: «Nessuno può effettivamente raggiungere i propri obiettivi con la Cina» da solo e «tutti hanno la responsabilità di assicurare il rispetto del diritto e delle pratiche europee».

La Commissione è molto esplicita: la Cina fa spesso il doppio gioco, firma accordi che la obbligano ad un modello di commerci e governance equo e sostenibile, ma spesso «ha una diversa comprensione e applicazione del diritto e dell’ordine internazionale», norme su cui spesso applica un’interpretazione «selettiva» che «indebolisce» la cornice di regole che Stati e aziende devono rispettare. La Commissione punta anche l’indice sui diritti umani, perché la situazione in Cina «si sta deteriorando». Sui cambiamenti climatici: la Cina ha firmato gli accordi di Parigi, ma è il più grande produttore di emissioni di carbonio e continua a costruire stabilimenti ad alta emissione in Paesi stranieri. Sul potere militare: obiettivo di Pechino è avere l’esercito più potente al mondo entro il 2050.

Insomma, anche se si tratta di un partner «strategico» per tanti obiettivi condivisi a livello internazionale (un esempio, la stabilizzazione dell’Iran) la sua espansione, ad esempio nei Balcani, dunque già dentro la Ue, o in Africa, pone seri problemi: i benefici economici per il Paese che riceve investimenti cinesi si trasformano spesso «in un alto livello di indebitamento e nel trasferimento del controllo di risorse e assets strategici». Uno scenario da cavallo di Troia economico, in cui le imprese europee scontano un deficit di parità di condizioni, visto che spesso quelle cinesi hanno alle spalle o lo Stato o enormi sussidi pubblici (è accaduto nell’acquisizione di Pirelli), oltre che «differenti standard aziendali e sindacali». Insomma l’Europa è chiamata a difendersi, mentre può avere delle «ricadute negative su tutta l’economia mondiale» l’espansione di una Cina che «protegge dagli investimenti stranieri i suoi campioni nazionali attraverso un’apertura selettiva dei suoi mercati».

Mentre uno dei settori in cui «manca reciprocità» è quello dei servizi finanziari, con «banche e operatori cinesi che si stanno espandendo nella Ue», e mentre continua «il trasferimento forzato di tecnologia» in un solo senso: non a caso arriverà anche una raccomandazione ai Paesi della Ue per adottare un «approccio coordinato» che eviti accordi dei singoli Stati sul 5G. Ne discuteranno a cena giovedì prossimo i 27 capi di Stato e di governo europei, mentre da Palazzo Chigi si rimarca che in occasione della visita a Roma di Xi Jinping quando l’Italia sarà il primo Paese del G7 ad aderire al progetto Via della Seta, «verrà posta la massima attenzione agli interessi strategici del Paese». A Bruxelles la pensano in modo diverso.

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