26 aprile 2018 - 07:54

Liverpool-Roma, la violenza nascosta dietro le bandiere del calcio

I due ultrà arrestati a Liverpool hanno 25 e 26 anni e non erano neppure nati quando i Reds conquistarono all’Olimpico una delle loro cinque Coppe dei Campioni. Ma chissà se si sono sentiti in dovere di regolare un conto che non era loro

di Luca Valdiserri

(Epa) (Epa)
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Il passato non deve mai avvelenare il presente. Su Roma-Liverpool si è ricordato e raccontato troppo, come se la finale persa ai rigori il 30 maggio 1984 fosse una macchia da cancellare a tutti i costi. I due ultrà arrestati a Liverpool hanno 25 e 26 anni e non erano neppure nati quando i Reds conquistarono all’Olimpico una delle loro cinque Coppe dei Campioni. Ma chissà se si sono sentiti in dovere di regolare un conto che non era loro. Il linguaggio del calcio è derivato dalla guerra: attacco, difesa, cannonata, sciabolata... Gli antropologi ci hanno spiegato che mantenere la porta inviolata è, in fondo, custodire i confini della patria e che attaccare l’area avversaria è la conquista del territorio. Come sempre c’è chi capisce i simboli e chi invece si fa dominare da loro. Roma non può essere rappresentata da venti, quaranta o ottanta facinorosi che provano a nascondere la loro violenza dietro a una bandiera. Bene ha fatto la società giallorossa a dare subito la piena disponibilità a collaborare con le autorità inglesi per chiarire i fatti. I tifosi del Liverpool non sono certo angeli prestati al pallone. Martedì, secondo le ricostruzioni della polizia del Merseyside, hanno a loro volta contrattaccato i tifosi romanisti con il lancio di bottiglie di birra rotte.

Così come la Roma anche il Liverpool potrebbe essere sanzionato dall’Uefa per gli incidenti, in qualità di società ospitante. L’assenza di agenti nella zona degli scontri, a pochi metri dallo stadio, è stata imperdonabile, visto il clima di tensione di una semifinale di Champions League. È giusto che ognuno si assuma le proprie responsabilità e, in questo senso, anche il mass media hanno il loro compito. Raccogliere per la centesima volta le spiritosaggini del portiere-mercenario Grobbelaar - sulla «Spaghetti dance» che 34 anni fa avrebbe paralizzato gli italiani pizza e mandolino - non è solo esercizio di poca fantasia giornalistica ma anche scorciatoia verso i luoghi comuni sugli «altri» che sono alla base dell’intolleranza e del razzismo. E, allo stesso modo, i tempi dell’Impero Romano alla conquista della Gallia e della Britannia sono buoni al massimo per un fumetto o per una serie tv.

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