E’ una delle donne più poetiche del teatro e del cinema. Turca, ormai adottata dall’Italia che la conosce da ormai 20 anni quando debuttò in Harem Suare e, successivamente, recitò in Le fate ignoranti, la straordinaria Serra Yilmaz è ora impegnata nel Don Chisciotte con Alessio Boni, dove è rimasta in scena al Teatro Manzoni di Milano fino a domenica 23 gennaio (clicca qui per leggere la nostra recensione). A Milano tornerà l’anno prossimo per proseguire le date dello spettacolo, interrotte a causa della positività di Alessio Boni al Covid-19. La tournée proseguirà per altri due mesi nelle più grandi piazze italiane.

Serra, con la sua meravigliosa mimica, è Sancho Panza e ci trasporta nella fantasia del romanzo di Miguel de Cervantes Saavedra, pieno di colori e immagini splendidamente raccontati dagli artisti. L’abbiamo intervistata e ci parla lei stessa di questa nuova avventura.

Don Chisciotte è il terzo libro più letto nel mondo dopo la Bibbia e il Corano. O meglio, il più acquistato. Tu lo hai mai letto?

Non l’ho mai letto integralmente, ma solo in alcune riduzioni quando ero al liceo. Come tante cose che ci vengono proposte a scuola, anche Don Chisciotte andrebbe riletto ma purtroppo tra le novità letterarie e, soprattutto, i ritmi della la vita che facciamo tutti, non abbiamo mai molto tempo a disposizione per farlo. Ho avuto la conferma di questo durante la pandemia, quando mi è capitato di poter riprendere in mano con più calma La peste di Camus: lo avevo letto la prima volta quando avevo 15 anni ed è stato meraviglioso. Ogni rilettura è una riscoperta, specie dopo tanto tempo si notano cose invisibili ai nostri occhi in altre età.

La tua impressione quando sei stata chiamata per questo spettacolo?

Sono stata immediatamente sedotta dall’idea di interpretare Sancho Panza. Ho riletto dei passaggi del romanzo e ho capito che si trattava davvero di un personaggio su misura per me.

Coraggio, amicizia, passione: Don Chisciotte è un tripudio di tematiche che consentono diverse riletture. Qual è quella che più di ogni altra ti colpisce e ti piace trasmettere?

La semplicità di Sancho, che rivela una visione del mondo più saggia di quella di altre persone complicate. La sua avidità per le cose materiali, per cui vorrebbe sempre cibo, soldi e un’isola da governare, si contrappone alla sua stessa capacità di sognare. Ed è proprio questa che lo fa legare a un amico che non gli somiglia. Ecco, quella semplicità gli consente di essere fedele e tenere vivi i valori del rispetto e dell’amicizia. Questo lo trovo stupendo.

Insomma ti appartiene questo personaggio sognatore, ma capace di riportare alla concretezza Don Chisciotte.

Molto. Sono una che ama staccarsi dal mondo, andando facilmente nelle nuvole ma, al tempo stesso, avrò sempre un dito del piede che dovrà toccare terra!

Un episodio divertente nella preparazione di questo spettacolo?

Io sono molto lenta nella preparazione. Ho un modo mio di elaborare le cose: non riesco a memorizzare un copione da sola a casa mia, lo imparo facendo le prove con gli altri. E’ successo anche questa volta, mettendo in ansia tutta la compagnia con cui non avevo mai lavorato fino a prima! Come per miracolo, però, alla prima è già tutto sempre perfetto!

Boni in conferenza ha detto, scherzando, che non farà mai più uno spettacolo con te perché l’attenzione si concentra tutta sulla tua energia. Quando ti sei accorta per la prima volta di questa poetica energia che riesci a trasmettere al pubblico?

Sarò onesta, lo so solo perché me lo dici tu e me lo dicono gli altri. Io recito come mi piace, mi lascio andare divertendomi molto. Forse è questo il segreto. Talvolta posso essere stanca o di cattivissimo umore, ma quando salgo sul palcoscenico ogni dolore scompare e mi lascio andare al divertimento.

Portare in scena Don Chisciotte, carico di tutta la sua ironia, vuol dire correre il rischio, qui scongiurato, di parodizzare un grande romanzo. Non vi ha spaventato tutto questo?

Non si sa mai cosa possa succedere e come si possa essere interpretati fino a che non si va in scena. La paura c’è sempre ed è persino stimolante. Credo che ciascuno di noi debba prendere la propria paura sotto il braccio, facendola diventare una propria compagna, perché senza di lei non si può fare nulla. Ci chiediamo sempre se le nostre azioni bastino, se le parole vengano capite…Tutto questo fa parte della vita e ci aiuta ogni volta.

Quali sono la cosa più bella e la cosa meno bella dell’Italia?

L’Italia è uno dei Paesi più belli del mondo, in assoluto. Io ci vivo solo da 5 anni, non da quando apparsi vent’anni fa nei film di Fernan Özpetek. Quello che mi è apparso più complicato è la lentezza della burocrazia: per fare la voltura dell’elettricità e del gas a Firenze ho impiegato 3 settimane, una follia per me che ero abituata a fare tutto in 15 minuti on line in Turchia! Ormai però mi sono abituata, bisogna prendere sempre tutto con ironia: la vita è troppo breve per arrabbiarci e farci venire il sangue amaro per stupidità di quel genere.

Prima dicevi che spesso non abbiamo il tempo di leggere.

Alt! Non c’è tempo, ma nemmeno lo cerchiamo, distratti come siamo da tutti questi schermi che ci circondano. Ci sono momenti della giornata in cui combatto con me stessa e mi costringo a spegnere ogni dispositivo, nonostante sia accattivante tutto quello che si può trovare sul web: voglio leggere un romanzo e non tante parole inutili scritte su Internet.

Ma il lockdown non ci doveva restituire la parte migliore di noi, facendoci recuperare tutte le nostre più sane passioni?

Ma va! Quando sentii per la prima volta questo commento, pensai subito che non sarebbe stato così: i cattivi sarebbero diventati più cattivi, i buoni magari migliori. E oggi ancora nessuno legge romanzi, nessuno parla di cultura…

Massimiliano Beneggi