Guido Rossa, degna celebrazione e scritte vergognose

di Paolo Lingua

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Guido Rossa, degna celebrazione e scritte vergognose
Guido Rossa era convinto dei valori che difendeva e per i quali si batteva. Non ha voltato la testa dall’altra parte. E questo è ancora oggi il suo messaggio. E’ stata sobria e non retorica la celebrazione del 40° anniversario dell’assassinio di Guido Rossa da parte delle Brigate Rosse, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’Ilva, con i nuovi vertici dell’azienda, dirigenti sindacali e istituzioni. E’ stata scoperta una targa, benedetta dal cardinale Angelo Bagnasco, con la quale si ricordano i valori di libertà e di democrazia senza differenze di confini, di fede e di origine demografica. Grandi, nobili ed eterni valori assoluti. Unica nota stonata di tutta la giornata alcune scritte di offese a Guido Rossa e inneggianti alle Brigate Rosse apparse su alcuni muri del centro storico. Un residuo miserabile di fanatismo marginale e sconfitto oppure una bravata grossolana? L’episodio è stato condannato e anche confinato in un angolo da tutte le forze politiche, sindacali e dalle istituzioni. La polizia indaga per capirne la vera natura, perché, come la storia insegna, è meglio non sottovalutare alcun segnale. La celebrazione di ieri ha riunito insieme ricordi, riflessioni, speranze a voglia di riscatto. L’Ilva ha sofferto ma è stata salvata e i suoi vertici hanno annunciato iniziative di ripresa; si è parlato dell’impegno per ricostruire il ponte Morandi e per rilanciare la città; Guido Rossa è stato riletto come un modello di cittadino impegnato a difender ei valori di libertà, di pace e di solidarietà, contro ogni forma di violenza e di sopraffazione. Ma tutto è stato contenuto nei toni e nei tempi, con uno stile essenziale e sobrio, come del resto è giusto. Ma questo non toglie l’importanza storica  della ricorrenza. L’assassinio di Guido Rossa segnò, poco dopo il dramma di Aldo Moro, l’inizio del declino delle Brigate Rosse che contavano su un numero limitato di operativi, disposti a colpire e a battersi, ma che avevano attorno una fascia più numerosa, ambigua e strisciante di simpatizzanti in diversi ambienti: dall’Università agli Ospedali e tra alcuni intellettuali distorti. Erano aree vicine o addirittura all’interno del Pci. Ma dopo eventi com4e Moro e Rossa tutto cambiò e alla polizia e ai carabinieri vennero consegnate liste di sospetti, di simpatizzanti e addirittura di chi aveva fatto perdere le proprie tracce. L’intervento del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa fu determinante. Non a caso ci fu, poco dopo, l’episodio di via Fracchia a Genova. Le Brigate Rosse, come quasi sempre accade al terrorismo, non avevano un reale appeal nell’opinione pubblica e furono annientate. Ma la lezione non va dimenticata.   E quasi a completare un ragionamento che si fonde con un ricordo storico, oggi, con celebrazione anche in Consiglio Regionale, è stato anche il Giorno della Memoria, per non dimenticare le persecuzioni razziali e il genocidio di ebrei voluto dal nazismo e di cui, sia pure in parte, il regime fascista è stato complice. E vale la pena ricordare, accanto a questo tragico evento che pure si portava dietro secoli di ignoranza e di intolleranza, l’impegno per salvare centinai di ebrei che fu peculiare della Chiesa genovese, grazie al cardinale Boetto e al suo segretario mons. Repetto, entrambi ricordati anche in Israele come Giusti tra le Nazioni. Una bella pagina che nobilitò Genova maestra di tolleranza di libertà. La giornata di oggi è stata un grande momento di riflessione. Ne abbiamo bisogno perché troppo spesso si cade nel semplicismo, nella volgarità. Occorre respirare a pieni polmoni l’aria pura dei grandi valori e della cultura nel senso più nobile del termine.