28 maggio 2018 - 09:33

Appendino va in moschea, giorno di festa con l’imam. «Siamo una sola comunità»

L’arcivescovo Nosiglia: «Auguri per il Ramadan». Con loro il prefetto Saccone

di Giovanni Falconieri

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Muri, barriere e ponti. Parole che Chiara Appendino ama ripetere quando nei luoghi di preghiera di via Genova, via Baretti e via Chivasso interviene per sottolineare l’importanza sociale e culturale dell’iniziativa «Moschee aperte per tutti». Nella seconda domenica del Ramadan, la sindaca visita i tre centri religiosi insieme con il prefetto Renato Saccone e l’arcivescovo Cesare Nosiglia. «Siamo orgogliosi di quanto sta facendo la Città per abbattere muri e barriere e per costruire ponti tra le diverse culture», spiega.

«Facciamo tutti parte della stessa comunità, non dobbiamo mai dimenticarlo», aggiunge mentre sorride a un paio di bambine che aspettano solo che finisca di parlare per mettersi in posa accanto a lei per una foto ricordo. Nella seconda domenica del mese di digiuno, i centri islamici della città restano aperti dalle 18 alle 21.30. Accolgono torinesi e stranieri, gente che vive nel quartiere e turisti che per caso scoprono che c’è la possibilità di visitarli. Per tanti è una prima volta. Chi accoglie gli ospiti all’ingresso del centro di preghiera di via Baretti chiede proprio questo: «È mai stato in una moschea? Se ha domande o curiosità, non si faccia problemi». Quando sulla porta spunta la sindaca, in tanti afferrano il cellulare per immortalare la scena con una foto da far vedere agli amici. Chiara Appendino si toglie le scarpe e le lascia all’ingresso, le appoggia su uno scaffale e poi entra nel «masjid». Dietro di lei, il prefetto e l’arcivescovo. Per loro stessa scena e identico rituale. C’è il benvenuto dell’imam, ci sono le strette di mano e l’invito a sedersi. La preghiera in arabo, la traduzione in italiano. C’è il discorso della sindaca e poi quello dell’arcivescovo. E infine il Corano dato in dono ai tre ospiti.

«Questo è un momento importante per la nostra comunità», sottolinea Appendino. «Lo è — spiega—, perché siamo insieme. E stare insieme significa essere presenti tutti i giorni per costruire un ponte tra le diverse culture. Dobbiamo farlo, perché apparteniamo tutti alla stessa comunità». I ponti è necessario costruirli per abbattere le barriere e per far cadere i muri. La sindaca lo spiega con estrema lucidità: «Facciamo tutti parte della stessa comunità, non dobbiamo avere paura gli uni degli altri. Oggi si tende ad avvertire come un pericolo coloro che non conosciamo, e allora momenti come quello che stiamo vivendo in questo luogo di preghiera sono un modo importante per abbattere i muri tra noi. Dobbiamo distruggere le barriere e creare fiducia». Muri e barriere da eliminare, ponti da costruire, fiducia da creare. Concetti chiari, forti. Espressi e ribaditi con l’intenzione di sottolineare che «facciamo tutti parte della stessa comunità». La comunità torinese. E allora c’è anche l’orgoglio. «L’orgoglio per ciò che la Città sta cercando di costruire. È un progetto importante, siamo soddisfatti — spiega Chiara Appendino — di quel che sta facendo Torino per avvicinare fedi e culture differenti» che vivono sotto la Mole. «Non è facile», aggiunge la sindaca. «Ma ci sono tante cose che ci uniscono, come quella di essere cittadini attivi. È un percorso che stiamo facendo e continueremo a fare insieme». L’arcivescovo Cesare Nosiglia parla dopo di lei. «Vi faccio gli auguri per questo Ramadan — dice — e vi riporto un messaggio di Papa Francesco: “Che il periodo di digiuno e preghiera porti alla pace, perché la pace genera la pace”». Prima dei saluti, il regalo dell’imam ai suoi tre ospiti: una copia del Corano, il testo sacro dell’Islam. L’evento «Moschee aperte per tutti» nasce nell’ambito del «Patto di Condivisione» firmato nel 2017 dal Comune di Torino e dai centri islamici cittadini. La formula è semplice: aprire i luoghi di preghiera e cultura alla città; promuovere eventi, discussioni e dibattiti; partecipare infine alla «cena di Iftar», il pasto serale consumato dai musulmani per interrompere il loro digiuno quotidiano durante il mese islamico del Ramadan. Una formula, neanche a dirlo, che si è rivelata vincente.

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