Che avesse percepito l’arrivo dei migranti africani come un’irruzione da «maleducati», era chiaro fin dall’inizio. Lo aveva persino detto, mormorandolo, il giorno dopo l’occupazione del salone della chiesa, mentre sistemava i libretti per la messa: «Se si fossero comportati così a casa loro...». Adesso, cinque mesi dopo il blitz, in procura è arrivata la denuncia di don Angelo Bettoni, 78 anni. Il parroco della chiesa di Claviere diventata simbolo della lotta «contro le frontiere» — ma anche della mancanza di dialogo — è passato dalle parole ai fatti. Invasione di edificio altrui e danneggiamento sarebbero le ipotesi di reato che il sostituto procuratore a cui verrà affidata l’indagine potrebbe configurare. E la denuncia — anche se l’ipotesi al momento è remota — è il presupposto giuridico necessario per poter operare un eventuale sgombero.
Al momento pura teoria. Che corrisponde a quello che vorrebbe, forse, il prete, rivoltosi alle forze dell’ordine stufo ed esasperato di avere «a casa sua» un gruppo di immigrati in fuga verso la Francia respinti dalla Gendarmerie. E che hanno trovato rifugio a Claviere dalla notte del 23 marzo. Occupazione a parte, ci sarebbero stati altri screzi tra il «don» e gli occupanti, che avrebbero danneggiato alcune parti della struttura. Tempo fa il parroco aveva chiesto di rimuovere dei pali — utili per esporre uno striscione — fuori dalla chiesa. Gli era stato risposto di no e anche quella volta la tensione era salita. Su questi episodi, e sul clima che si è venuto a creare in alta Valle, lavora la Digos di Torino, che sa bene che i prossimi giorni saranno impegnativi e a rischio di scontri. Soprattutto in vista del «Campeggio itinerante passamontagna», «cinque giornate di lotta» dal 19 al 23 settembre e pronte ad accogliere antagonisti francesi e italiani. A irritare il parroco di Clavière, oltre ai migranti, sono proprio gli anarchici, che dal giorno dell’irruzione non hanno abbandonato la sua chiesa. Ma in realtà, antagonisti a parte, non ci sarebbe mai stata la volontà da parte del «don» di ospitare gli africani. E prima che a Claviere l’accoglienza diventasse un problema di ordine pubblico, in Valsusa c’era chi aveva tentato la via del dialogo con il Comune e la parrocchia, per evitare che la questione degenerasse.
Un gruppo di cattolici progressisti, tra scout e volontari, aveva chiesto al sindaco Franco Capra e a don Angelo di poter avere a Claviere uno spazio regolare per l’accoglienza dei rifugiati, sul modello di quanto fatto a Bardonecchia con Rainbow4Africa. Dopo i recenti respingimenti della gendarmerie al Colle della Scala, dall’ultimo inverno il passaggio privilegiato dagli stranieri è diventato il Colle del Monginevro. E questo sarebbe stato chiaro sia al sindaco che al prelato. La risposta ai volontari però fu negativa: «Facemmo quella richiesta a febbraio — racconta Silvia Massara, insegnante e scout — da Claviere ci dissero che non c’erano spazi disponibili e che da loro questo problema non c’era-. Nella Chiesa purtroppo non tutti vedono l’accoglienza allo stesso modo».