12 aprile 2019 - 18:50

La guerra di Mauro alla ‘ndrangheta: «Il libro scritto sull’iPad in tribunale»

L’ingegner Esposito di Caselle Torinese è diventato testimone di giustizia. In un volume racconta in prima persona la battaglia che ha portato a 19 condanne

di Maristella De Michele

La guerra di Mauro alla ‘ndrangheta: «Il libro scritto sull’iPad in tribunale» Mauro Esposito
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TORINO - «Per te è stato facile denunciare perché te lo potevi permettere». Questa è una delle frasi rivolte a Mauro Esposito, ingegnere 54enne di Caselle Torinese, vittima della ‘ndrangheta. Mauro ha scelto di non piegarsi ad un ricatto criminale. Oggi la sua storia è scritta in un libro dal titolo: «Le mie due guerre - ho denunciato la ‘ndrangheta. Ho combattuto da solo. Ho vinto». È il racconto in prima persona del protagonista, una storia di coraggio e di lotta. Un ingegnere che ha denunciato i boss della ‘ndrangheta e che è diventato un testimone di giustizia per non scendere a compromessi con la mafia. Una battaglia che ha portato a 19 condanne e alla scoperta di un mondo nascosto tra appalti e cemento. «Tornassi indietro denuncerei di nuovo, oggi mi sento un uomo più sicuro grazie anche alle forze dell’ordine» afferma Esposito. Una storia che ha coinvolto anche la sua famiglia. Con i proventi del libro il professionista torinese vorrebbe attivare il «Suam-sportello unico antimafia»: «Non un centro di ascolto delle vittime di mafia come me, ma uno spazio dove rivolgersi per la burocrazia». Mentre il 50 per cento dei proventi sarà destinato ad un centro ricerca sul cancro.

Appalti truccati e soldi facili in una Torino industriale ritenuta una delle città più ricche del Nord Italia. Facendo un passo indietro nella vita di Mauro Esposito si arriva al 2007 quando l’ingegnere di Caselle Torinese, con un’azienda ben avviata, circa cinquanta dipendenti e un fatturato di diversi milioni di euro, viene avvicinato per la prima volta dalla ‘ndrangheta: «Sono passati dodici anni e ricordo tutto come se fosse ieri. – racconta Esposito al Corriere Torino – Da quel momento inizia un incubo per me e la mia famiglia. Un susseguirsi di vicende che in poco tempo mi portano a un passo dal fallimento».

È proprio in quell’anno che il professionista si reca per la prima volta dai carabinieri per denunciare. Ma prima che le sue parole siano prese in considerazione e giungano a “verità” passano diversi anni. Si arriva presto al 2010: «Era una sera di dicembre e mi trovavo al Teatro Valdocco insieme alla mia famiglia per il saggio di danza di mia figlia (la bambina aveva 12 anni ndr) quando viene da me un uomo che diceva di volermi aiutare. Da lì a breve avvenne, in un bar, l’incontro con una persona che mi ha fatto una richiesta irricevibile». È in quel momento che Mauro decide di fare un altro passo verso la legalità, si reca alla Dia di Torino e denuncia pr l’ennesima volta la ‘ndrangheta. Dopo diversi anni di supplizi per la famiglia Esposito, arriva uno spiraglio di luce con i primi arresti con un blitz eseguito dal Ros di Torino. Esposito denunciò boss e gregari in un’aula di tribunale. «Ovviamente per questo io e la mia famiglia abbiamo pagato un prezzo altissimo».

La presa di posizione dell’ingegnere forense contro l’estorsione mafiosa lo aveva costretto a dichiarare il fallimento del suo studio di progettazione nel marzo del 2014, a causa delle esose richieste dei suoi persecutori. Il suo libro-racconto ha iniziato a scriverlo sull’Ipad in un’aula di tribunale: «Ascoltavo giudici, pm e avvocati e spesso non ci capivo granché e allora un giorno, essendo un uomo molto preciso, ho iniziato a prendere appunti. Non volevo che mi sfuggisse nulla del processo. Dopo qualche mese è arrivata l’idea del libro. Perché il miglior avvocato della vita sei tu».

In questo libro si percorre passo passo la sua storia: dai sogni universitari alla nascita del marchio “ME-Studio srl”, alle prime richieste estorsive, alle minacce, per poi arrivare al buio e infine la rinascita. «Oggi non mi sento più solo, grazie alle forze dell’ordine e all’associazione Libera, che mi ha aiutato e sostenuto durante questi lunghi anni di lotta contro la mafia in Piemonte». «Se vent’anni fa mi avessero detto che sarei finito dentro questa storia, avrei fatto esattamente ciò che ho fatto. Mi sarei spaventato a morte, poi avrei denunciato. Lo rifarei mille volte. Perché è giusto. Per nessun altro motivo» si legge nel suo libro.

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