il processo
Torino, rapirono un uomo fingendosi poliziotti: chiesti 13 anni e mezzo
I tre imputati avrebbero sequestrato e poi rilasciato nel giro di un’ora un commerciante di origini calabresi. Per i pm l’episodio � maturato negli ambienti della ‘ndrangheta
Lo rapirono in pieno giorno sulla prima collina torinese, indossando pettorine della polizia, per chiedere almeno un milione di euro, prima di lasciarlo dopo poco pi� di un’ora, per una ferita che stava sanguinando: per questo, dopo una requisitoria di oltre sei ore, i pubblici ministeri Monica Abbatecola e Paolo Toso hanno chiesto la condanna a tredici anni e sei mesi di tre persone, accusate di rapina e sequestro di persona a scopo di estorsione.
I tre imputati sono Angelo Alosi, Simone Aleccia e Filippo Bavuso; la vittima si chiama Ivan Napoli, nato a Reggio Calabria ma da tempo a Torino. Uno che commerciava auto di grossa cilindrata (in nero) e orologi, e che un paio d’anni fa patteggi� per traffico di stupefacenti. La richiesta di pena - che il codice indica dai 25 ai 30 anni di reclusione - � uscita mitigata dall’attenuante speciale prevista dalla prima parte del quinto comma dell’articolo 630 del codice penale. Ovvero, dove si prevede un beneficio di pena per il sequestratore che a un certo punto desista dal disegno criminale, �per evitare che l’attivit� delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori�. Una scelta spiegata dai pm con il fatto che Bavuso, visto il sanguinamento della ferita, disse a Napoli di andare all’ospedale, aggiungendo per� di riferire ai sanitari di essere caduto da una bicicletta e, comunque, facendolo accompagnare da un complice. Lo stesso che poi confess�: giudicato in abbreviato, � stato condannato a dieci anni. Il sequestro - secondo l’accusa - matur� sullo sfondo della malavita, visto che Bavuso avrebbe frequentato, da anni, personaggi di spessore della ‘ndrangheta.
Una frequentazione che l’imputato - difeso dagli avvocati Giuseppe Del Sorbo e Vittorio Nizza - ha invece sempre ricondotto alla sua attivit� di venditore d’auto: insomma, si trattava solo di clienti. Aleccia (difeso dagli avvocati Attilio e Mauro Molinengo) e Alosi (avvocato Anna Rizzo) avrebbero partecipato al piano: il secondo, fornendo anche il box auto in zona Allianz Stadium dove Napoli fu portato, dopo essere stato prelevato in macchina, davanti a un hotel. Secondo i pm, l’episodio � proprio l’archetipo di uno dei reati preferiti dalla criminalit� organizzata: l’estorsione ai danni di truffatori o comunque di persone che hanno un’alta disponibilit� di contanti, la cui provenienza non � giustificabile davanti alla legge. Per un semplice motivo: molto difficilmente, denunciano. Cosa che qui, al contrario, successe.