5 gennaio 2019 - 16:52

«Ho difeso l’Italia dall’Isis ma per i pm sono pericoloso»

Uno dei cinque antagonisti per i quali la Procura ha proposto la misura è Davide Grasso: «Ho combattuto contro l’Isis per ben due volte: per sette mesi nel 2016 e per altri due l’anno successivo. E ora mi ritrovo sotto accusa»

di Giovanni Falconieri

«Ho difeso l’Italia dall’Isis ma per i pm sono pericoloso»
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Il Rojava è la rivoluzione di un popolo che non esiste, è la battaglia di uno Stato che sulle cartine geografiche non c’è. È ciò che la scrittrice turca Arzu Demir ha definito «il luogo dove ha preso vita tutta l’esperienza accumulata dal movimento di liberazione curdo in 40 anni di lotte». È una striscia quasi invisibile di territorio che ufficialmente si chiama «Federazione democratica della Siria del Nord», ma che per molti occidentali rappresenta da anni una postazione privilegiata da cui condurre la guerra ai terroristi dell’Isis. Una guerra combattuta anche da cinque torinesi: autonomi e anarchici dei centri sociali Askatasuna, Asilo Occupato e Barocchio ai quali la Digos ha notificato una richiesta di sorveglianza speciale della durata di due anni e con divieto di dimora a Torino. Uno dei cinque antagonisti per i quali la Procura ha proposto la misura è Davide Grasso. «Ho combattuto contro l’Isis per ben due volte: per sette mesi nel 2016 e per altri due l’anno successivo. E ora mi ritrovo sotto accusa», racconta. «Ho difeso l’Italia e l’Occidente dai terroristi e sarò costretto a cambiare vita per colpa della magistratura: dovrò dire addio alla patente e rinunciare al passaporto, per due anni dovrò lasciare la città in cui ho vissuto negli ultimi venti. Mi considerano socialmente pericoloso».

«Lotto dalla parte giusta e non mi vergogno affatto»

Alla Procura replica anche Paolo Andolina, detto «Pachino». Lo fa dalla sua pagina Facebook: «Non ho nessun rammarico e tanto meno rimorso, non ho paura di eventuali ripercussioni legali per questa mia scelta, di cui ne vado fiero e che rifarei altre 100 volte». La scelta è stata quella di combattere in Siria accanto alle Ypg, le «unità di protezione popolare» curde che fronteggiano lo Stato Islamico. «Quando si lotta si viene considerati socialmente pericolosi, delinquenti e pregiudicati», aggiunge nel lungo post. «Ma di una cosa sono certo: che lotto dalla parte giusta e non mi vergogno affatto». Il punto, secondo il pm Manuela Pedrotta, è che i cinque antagonisti avrebbero maturato esperienze belliche capaci di renderli potenzialmente pericolosi: è possibile che «utilizzino le conoscenze in materia di armi e di strategie militari per indottrinare i compagni e commettere delitti contro la persona con più gravi conseguenze». La richiesta di sorveglianza riguarda anche Fabrizio Maniero e Jacopo Bindi. E Maria Edgarda Marcucci, detta «Eddy»: romana di nascita, torinese di adozione, ex studentessa di Filosofia e comparsa nel film «Caterina va in città» di Paolo Virzì. Nel 2016 di lei si persero le tracce e il regista toscano le scrisse una lettera perché la polizia la cercava per notificarle i domiciliari per gli scontri al cantiere di Chiomonte: «Eddi, dove sei? Perché sei costretta a scappare?». Eddy rispose dal Medio Oriente: «Vi scrivo dalla Siria del Nord, un luogo martoriato da anni di dittatura e guerra civile». La sorveglianza speciale per lei e i suoi compagni d’avventura non è ancora esecutiva. Sarà necessaria un’udienza in Tribunale, il 23 gennaio.

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