11 gennaio 2019 - 09:13

Piazza San Carlo, parla un membro della gang dello spray: «Andai via prima del caos, mi salvò il Ramadan»

La sera del 3 giugno 2017, Aboubakr Naim fu il primo ad arrivare al maxischermo per Juventus-Real Madrid: «Se fossi rimasto, ora sarei in carcere con l’accusa di omicidio»

di Giovanni Falconieri

Piazza San Carlo, parla un membro della gang dello spray: «Andai via prima del caos, mi salvò il Ramadan» L’avvocato Wilmer Perga nel suo studio, seduto di fronte ad Aboubakr Naim
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TORINO - Gli occhi lucidi tradiscono emozioni che forse solo il tempo potrà cancellare. La voce, sottile, racconta che la paura non è ancora passata. «Ci penso in continuazione, come potrei non farlo? Penso a come sarebbe cambiata la mia vita se fossi rimasto in piazza San Carlo, se non fossi andato via per osservare il Ramadan». La sera del 3 giugno 2017 Aboubakr Naim, 22 anni, salutò gli amici e prese la via di casa, tornò dalla famiglia per celebrare il mese sacro dell’Islam. Un paio d’ore più tardi, attorno al Caval ’d Brons si scatenò l’inferno. «È morta una donna e mi dispiace. Io non c’ero quando è successo, ma dopo che mi hanno arrestato non riuscivo a dormire. Ero in isolamento e mi sentivo in colpa, come se anch’io fossi stato in piazza quella sera». Ora Aboubakr non è più in galera. Ha un obbligo di firma giornaliero e ha tagliato tutti i ponti col passato, con Budino e la banda di rapinatori con lo spray.

Aboubakr, lei ha ancora rapporti con Budino?

«Nessuno. Non sento più quella gente. E non voglio più saperne».

Qualcuno le ha scritto dal carcere?

«No, e neppure io li ho mai cercati. Ho cambiato vita».

Ma senza permesso di soggiorno e passaporto, e con un decreto di espulsione sulla testa, è difficile ricominciare.

«Purtroppo non riesco a trovare lavoro. Con il mio avvocato, Wilmer Perga, stiamo cercando di risolvere il problema. Non sarà semplice».

Cosa le piacerebbe fare?

«Ho frequentato la scuola di meccanica e lavorato in un’azienda di cartotecnica, non mi dispiacerebbe ricominciare da lì. Ho provato a cercare anche da McDonald’s, dove lavora mio padre. Tutto inutile».

Mentre era in carcere ha deciso di riconoscere sua figlia.

«Sì, la mia bambina ha tre anni. Voglio fare il padre, prendermi cura di lei. Viviamo nella casa dei miei genitori, c’è anche la mia compagna».

La accusano di 5 rapine e 7 furti, di ricettazioni e lesioni: 15 capi di imputazione.

«Ho ammesso i furti, ma con le rapine non c’entro. Io lo spray non l’ho mai usato».

A proposito di spray, cosa avete pensato dopo il 3 giugno?

«Assolutamente nulla. Anche perché non si parlava di spray, ma di esplosioni e attentati. Budino e gli altri non hanno mai creduto di aver scatenato il panico».

Poi il vento è cambiato.

«Uno di noi è stato rinchiuso al Cie, un altro si è ritrovato la polizia in casa. Non capivamo».

Anche lei è finito al Cie.

«Per un mese e mezzo, per precedenti di polizia. In carcere, dove ho trascorso i successivi sei mesi, ho capito di cosa mi accusavano. La notte non riuscivo a dormire, pensavo alla donna morta e a tutti quei feriti. Mi sentivo in colpa, anche se io non c’ero».

Non c’era, è vero. Ma quel giorno fu il primo ad arrivare in centro, alle 17, e il primo in piazza San Carlo, alle 20.

«Ci penso in continuazione. Forse sarei rimasto lì, se non ci fosse stato il Ramadan. E oggi mi accuserebbero di omicidio».

Quando ha conosciuto Budino?

«Nei primi mesi del 2017. Fu Hamza Belghazi a presentarmelo».

Qualche mese dopo la tragedia, Budino si è confidato con lei al telefono.

«Aveva paura. Mi disse che non riusciva a dormire, che pensava di aver fatto un casino. Voleva andare alla polizia».

E lei non capiva.

«Ero sorpreso, ero convinto che si sbagliasse. Per me lo spray non c’entrava nulla».

A quando risale il suo primo colpo?

«Non me lo ricordo».

Era ancora minorenne?

«No, avevo già 18 anni».

Era già stato in carcere?

«A Zurigo, per 5 giorni, nell’agosto del 2017. Avevo rubato un paio di catenine».

Perché lo faceva?

«Per rivenderle e comprare vestiti alla moda».

I suoi genitori sapevano?

«No. L’hanno scoperto al Cie. Temevano fossi coinvolto in piazza San Carlo. Hanno sofferto per me, non potrò perdonarmelo. Le rapine, i furti e lo spray sono cose che ti rovinano la vita. In prigione ho capito quanto è importante la mia famiglia. Ora sono un uomo nuovo, diverso».

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