8 maggio 2019 - 11:07

Birenbaum, sopravvissuta ad Auschwitz: «Vertici del Salone complici se non cacciano i fascisti»

La superstite porterà la sua testimonianza sui campi di sterminio, ma lo farà fuori dai padiglioni: «I tedeschi si sono comportati così, hanno fatto finta di non vedere»

di Christian Benna

Birenbaum, sopravvissuta ad Auschwitz: «Vertici del Salone complici se non cacciano i fascisti» Halina Birenbaum, superstite di Auschwitz
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Comincia alle quattro di stamattina all’aeroporto di Tel Aviv la prossima battaglia civile e di civiltà di una delle ultime sopravvissute di Auschwitz, l’ex prigioniera numero 48.693 del lager nazista. «Ho 90 anni, ho trascorso l’infanzia nel ghetto di Varsavia, e l’adolescenza nei campi di concentramento. Non mi faccio spaventare dai nuovi fascismi». Halina Birenbaum, scrittrice, traduttrice e poetessa, nata a Varsavia nel 1929, e oggi residente a Herzliya, in Israele, atterra nel primo pomeriggio a Torino. Non parteciperà al Salone del Libro. Almeno non presenterà, come da programma iniziale, il suo libro «La Forza della Vita» all’interno dei padiglioni della fiera. «Perché non posso condividere lo stesso spazio con il fascismo. Con chi si definisce seguace di quel mondo che ha prodotto la dittatura, la guerra, Auschwitz e ucciso 6 milioni di ebrei. Ma farò la mia presentazione altrove, in uno spazio che la città di Torino vorrà concedermi».

Signora Birenbaum, il Museo di Auschwitz ha scritto una lettera al Comune di Torino dicendo: o noi o CasaPound. Ad oggi il Salone del Libro ha confermato la presenza dell’editore Altaforte.
«È un fatto molto grave. Con i fascismi con si scherza. In genere si muore. Io ci sarò per testimoniare quella tragedia. In fiera ci sarà la casa editrice di estrema destra, e io a 90 anni, ultima sopravvissuta dei campi di sterminio, preferisco rimanere fuori. Spero che qualcuno capisca cosa significhi davvero questo mio gesto. E si faccia un esame di coscienza. E magari cambi idea».

L’organizzazione del Salone avrebbe dovuto escludere la case editrice vicina all’estrema destra?
«Non solo avrebbe dovuto. Io mi auguro che lo faccia e al più presto. Altrimenti non metterò piede al Salone. Starò fuori, con la mia storia, con il dramma del mio popolo annientato dai nazisti. Chi governa uno Stato, una fiera o un’azienda deve assumersi delle responsabilità. Non si può fare finta di niente. In gioco c’è il futuro della democrazia».

Il Salone del libro è responsabile dei suoi ospiti? Quindi anche del comportamento di Francesco Polacchi, a capo della casa editrice Altaforte?
«Certo. Se li ospitano in qualche modo ne sono complici. Inutile nascondersi dietro un dito. E la storia, come fascismo e nazismo avrebbero dovuto insegnarci, è fatta di piccoli compromessi, di rinvii, di decisioni non prese, di posizioni abbozzate. I tedeschi durante il nazismo si comportavano così, alcuni ci credevano ma tanti facevano finta di non vedere. Se i manager del Salone di Torino ospitano certa gente sono complici. Bene ha fatto chi si è dimesso polemizzando».

I vertici del Salone si sono dissociati dalle affermazioni filo-fasciste dell’editore Altaforte.
«Allora li caccino una volta per tutte. Diano un segnale forte. Non basta dirsi antifascisti, bisogna comportarsi come tali. La democrazia è un bene troppo prezioso. Non va mercanteggiato per uno stand in più o uno in meno».

Davvero pensa che ci sia il pericolo di ritorno del fascismo?
«Negli anni trenta nessuno poteva immaginare che un popolo volesse sterminarne un altro. Eppure così è stato. Non bisogna mai abbassare la guardia. Soprattutto quando certi individui si professano apertamente fascisti».

A Torino, anche se fuori dal Salone, lei presenterà il libro «La forza della Vita».
«Non so ancora dove.Me lo diranno gli amici del Treno della Memoria. E sarò ben felice di incontrare la parte sana del Paese, che sono sicura che è la maggior parte degli italiani. Il mio libro, la Forza della Vita, è scritto sotto forma di intervista. Rispondo alle tante domande che ricevo sull’Olocausto. Ho cercato di farlo in modo esaustivo. Per non dimenticare. E purtroppo mi rendo conto che questo impegno non basta mai».

Qual è il suo programma in città?
«Resto pochi giorni, appena tre. Poi torno in Israele. Devo prepararmi per il prossimo viaggio. Nelle prossime settimane sarò in Polonia. Torno ad Auschwitz. Parlerò nelle scuole. Incontrerò chi vuole conoscere la verità».

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