20 marzo 2019 - 13:19

Un pentito: bombe a mano per un attentato della ‘ndrangheta in Piemonte

Ignazio Zito disse: «Erano arrivate dalla Calabria per essere usate contro una persona che creava problemi all’organizzazione. Dovevano essere custodite a Carmagnola ma una fuga di notizie sull’inchiesta della Finanza non le fece trovare»

di Massimiliano Nerozzi

Un pentito: bombe a mano per un attentato della ‘ndrangheta in Piemonte
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L’ipotesi più ardita, ma non temeraria, di un investigatore è che la ‘ndrangheta avesse pianificato un attentato. L’allarme partì dalle parole di un collaboratore di giustizia, Ignazio Zito: «Rocco aveva fatto arrivare le bombe dalla Calabria per usarle contro una persona che creava problemi all’organizzazione. E in attesa di essere usate, dovevano essere custodite a Carmagnola». Un racconto che l’uomo mette a verbale davanti ai magistrati della Dda il 30 gennaio 2018, fornendo uno dei più recenti resoconti dall’interno dell’organizzazione criminale, al centro dell’inchiesta della guardia di finanza.

«Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia — osserva nell’ordinanza di custodia cautelare il gip Giulio Corato — hanno riguardo ai più attuali movimenti della compagine criminosa». Morale: «Fornisce uno spaccato allarmante». Soprattutto, per la capacità di fuoco degli uomini di ‘ndrangheta e mafia, a Carmagnola e dintorni: «Senza neanche contare gli stupefacenti, il denaro e i documenti falsi, i rappresentati movimenti di armi appaiono altamente inquietanti». Al di là dei verbali, sulle confidenze del pentito c’è poi la memoria degli investigatori che hanno partecipato all’indagine: «Dovevo spostare delle armi arrivate dalla Calabria, mi dissero che erano per una personalità». A quel punto, si prese paura e iniziò la sua collaborazione con la giustizia: dopo — va detto — essere stato arrestato per reati collegati alla falsificazione di denaro. La vicenda diventa ancora più inquietante, quando gli inquirenti, preoccupati dalla rivelazione sull’immediata disponibilità di armi, attivano dei servizi proprio per intercettarle e sequestrale.

In particolare, in un’occasione, ci fu un blitz alla ricerca di un fucile: ma andò a vuoto. Il motivo, lo scopriranno i finanzieri del Gico di Torino, il gruppo investigativo criminalità organizzata, coordinati dai pubblici ministeri Monica Abbatecola e Paolo Toso. Sulla base di un’annotazione delle Fiamme gialle, del 27 luglio 2018, lo spiega bene il gip: «La segnalazione operata dalla polizia giudiziaria circa una fuga di notizie nel corso del procedimento — con particolare riferimento all’apporto dello Zito e per il tramite di funzionari pubblici apparentemente dalla “mentalità aperta” — segnala altresì la sussistenza nella fattispecie, quantomeno, del pericolo di fuga degli indagati». Anche per questo, fu firmata l’ordinanza, per la maxi-operazione di lunedì, con l’impiego di 400 uomini delle Fiamme gialle, compresi alcuni di quelli distaccati alla sezione di pg della Procura. Del resto, che una fuga di notizie ci sia stata, è dimostrato dal fatto che non furono e non sono state trovate armi, che pure c’erano. Come si legge nell’intercettazione a uno dei sospetti, uscito indenne da un controllo mirato delle forze dell’ordine, per il possesso di un’arma (non trovata, appunto): «Se mi beccavano, prendevo vent’anni». Per gli investigatori, è la conferma che avrebbe dovuto trasportare un fucile, e non semplice stupefacente. Sempre con le armi, secondo il racconto del pentito, c’entrava spesso «Rocco», ovvero Rocco Zangrà, finito in manette nel maggio dell’anno scorso, in un’altra operazione della Dda contro la ‘ndrangheta, tra Asti e Alba: «Dietro casa sua, nei pressi del suo magazzino, Rocco ha preso un sacchetto nero nel quale vi erano sei bombe a mano». E ancora: «Le bombe sono arrivate a fine novembre (2017, ndr) e siamo andati a prenderle da Rocco».

Di armi, però, ce ne sono di tutti i tipi, riferisce ancora il collaboratore di giustizia, perché quando si fanno i viaggi per gli stupefacenti, capita di trasportare anche altro: «Nel giugno 2016, 3 chili di cocaina dalla Spagna, assieme a 5 pistole calibro 9 X 21 e 5 scatole di munizioni». Marzo 2017: «Una pistola 7,65 e una 38 a tamburo e due scatole di munizioni». Aprile dello stesso anno: «Un fucile automatico, 3 pistole 9 X 21 e otto scatole di munizioni». Settembre: «Due fucili automatici, un kalashnikov e 10 pistole di diversi calibri». Conclude il gip: «Non appare dubbia la disponibilità da lunga data, in capo alla ‘ndrina, di un armamentario allarmante». E «addirittura, con bombe a mano, da destinarsi a persone che danno fastidio all’organizzazione».

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