Cancel culture sulle strade intitolate al colonialismo, Alice Borgna: «Dannosa, meglio informare con pannelli in strada»

diAlessandro Chetta

L'idea (poi ritirata) del Comune di Torino di cambiare nomi a piazza Bengasi e via Tripoli. La docente: «Eliminando quei riferimenti storici, anche se negativi, ci comporteremmo noi da colonizzatori dando un colpo di spugna alla memoria»

Cancel culture sulle strade intitolate al colonialismo, Alice Borgna: «Dannosa, meglio usare pannelli per spiegare quella Storia»

Una cartolina sulle colonie del periodo fascista (Istituto italiano storia coloniale)

Professoressa Alice Borgna, eliminare i nomi delle piazze cittadine intitolate a conquiste coloniali è una foglia di fico posata sulla Storia o aiuta a far pace con un passato che non ci piace? 
«Sostituire Tripoli, Massaua, Bengasi, e altri, toglierebbe la possibilità di riflettere sui trascorsi imperiali fascisti, impedendo un rapporto proficuo con la memoria. Che, piuttosto, andrebbe arricchita con maggiori informazioni e non cancellata dallo spazio pubblico soltanto perché ci si accorge che presto o tardi la Storia diventa problematica». 

Cancel culture sulle strade intitolate al colonialismo, Alice Borgna: «Dannosa, meglio informare con pannelli in strada»

Il Qr code proposto dall’assessore Rosatelli è una soluzione? In alcuni musei internazionali c’è già: a Dresda il dipinto “Moro con grappolo di smeraldi” del 1724 ora è chiamato “**** con grappolo di smeraldi”, e chi vuol decrittare gli asterischi usa un Qr code. 
«Più del codice digitale, credo sarebbe meglio posizionare pannelli esplicativi, sono più immediati. Un po’ come le pietre d’inciampo dedicate ai deportati disseminate in molti punti di Torino: un promemoria efficace e semplice. Un pannello posizionato in piazza Massaua potrebbe sintetizzare per residenti e passanti il perché venne intitolata a quella città che fu capitale dell’Eritrea italiana dal 1890 al 1897. Altrimenti in un cortocircuito finiremmo per comportarci noi da “colonizzatori”, facendo piazza pulita del ricordo, anche se negativo. È accaduto con gli europei dell’800 che sostituirono inglese e francese all’idioma indigeno, cancellando in un sol colpo l’identità di un popolo». 

Ri-significare è un modo per fare i conti in ritardo con Albania, Libia, Etiopia ed Eritrea? 
«Non credo sia la soluzione. Gli italiani si sono autoassolti mentre i tedeschi hanno affrontato dal dopoguerra con maggior consapevolezza l’abominio hitleriano, ipotesi certificata anche da un recente saggio di Tommaso Speccher “La Germania sì che ha fatto i conti col nazismo”. Noi italiani molto meno col fascismo e il colonialismo, forse perché da quell’avventura africana il Paese non ci ha guadagnato nulla al contrario dei francesi nel Maghreb e prima ancora degli spagnoli che oggi traggono benefici dal fatto che quasi tutto il Centro e Sudamerica parli la lingua di Madrid. Noi no. Zero vantaggi, quindi scarsi sensi di colpa. Come a dire “di cosa dovremmo risentirci, non abbiamo fatto troppi danni né sfruttato ricchezze…”. Restano giusto i nomi delle strade e in pochi ne rammentano il significato». 

Eppure le battaglie “oltremare” ci furono, spesso atroci, come svelò tra gli altri Angelo Del Boca. 
«Proprio per questo quella particolare temperie storica non va minimizzata né dimenticata ma per farlo occorre rimetterla al centro e interpretarla-contestualizzarla, non far finta che non sia mai avvenuta eliminandola con un colpo di spugna».

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23 marzo 2023 2023 ( modifica il 24 marzo 2023 2023 | 15:58)