16 giugno 2018 - 13:36

«Piazza San Carlo ferita aperta, ma Torino ha il dovere di andare avanti»

Appendino ospite per la prima volta nella redazione del Corriere Torino. La visita è stata l’occasione per fare il punto sui primi due anni di amministrazione della città

di Gabriele Guccione

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«Piazza San Carlo è stata una brutta pagina per la città ed è una ferita ancora aperta». Ma ora Torino «ha il dovere di andare avanti e di non fermarsi, continuando a organizzare eventi che rendano viva la città». La notte del 3 giugno 2017 ha segnato uno spartiacque nel mandato politico di Chiara Appendino, un punto di non ritorno arrivato dodici mesi dopo il suo insediamento. Ora, a due anni dal ballottaggio che l’ha vista primeggiare su Piero Fassino, è tempo di bilanci.

Sindaca, secondo il sondaggio realizzato da Ipsos per il Corriere Torino, il 57 per cento dei torinesi oggi non la voterebbe: come giudica questo dato?
«Un sindaco non lavora per il consenso, ma per risolvere i problemi dei suoi concittadini. E più che i numeri, a me interessa il dialogo con i torinesi».

E però i numeri rivelano che i problemi continuano a esserci.
«Dalle risposte dei torinesi al sondaggio emergono punti di forza e alcuni punti di debolezza su cui, evidentemente, non siamo riusciti ancora a dare delle risposte».

Quali sono i punti deboli?
«Penso alla manutenzione delle strade e ai trasporti. Sono questioni che incidono sulla qualità della vita, che è la priorità di ogni sindaco. Per questo occorre dare una risposta, il più in fretta possibile».

Come pensa di aggredire il problema delle strade groviera?
«Il meteo ha inciso negli ultimi tempi in modo significativo sullo stato delle strade, neve e pioggia hanno influito negativamente sulla qualità del manto stradale e rallentato l’avvio dei cantieri in programma. Ma ora accelereremo: martedì la giunta comunale stanzierà un somma per affittare la macchina “tappabuche”, uno strumento molto più veloce che ci consentirà di recuperare tempo lavorando nei mesi estivi».

Il giudizio dei torinesi sulla giunta comunale nel complesso è positivo. Se l’aspettava?
«Sono soddisfatta del lavoro che abbiamo fatto in questi primi due anni, nonostante le grandissime difficoltà economiche in cui ci siamo ritrovati. Quando mi sono insediata, non avrei mai pensato di dover mettere mano a un piano di rientro come quello che abbiamo adottato per evitare il pre-dissesto. Il risanamento dei conti è una sfida complicata: da un lato mi trovo a dover risolvere i problemi dei cittadini, dall’altro sono obbligata a tagliare».

I torinesi dovranno aspettarsi altre stangate?
«In questi due anni abbiamo fatto tante manovre impopolari: penso all’aumento delle strisce blu, ai tagli alla cultura e al personale. Il bilancio 2017 è stato molto difficile, ma quello 2018 è stato più semplice, perché iniziamo a vedere il frutto di quei sacrifici che hanno consentito di mettere in sicurezza i conti del Comune, di Gtt, della Fondazione Torino Musei e del Teatro Regio. Ora potremo dedicarci di più alla definizione delle politiche, e non a dover intervenire per evitare il dissesto di qualche ente. Inizia, insomma, una fase più semplice».

La sindaca Chiara Appendino nella redazione del Corriere Torino La sindaca Chiara Appendino nella redazione del Corriere Torino

A proposito del Regio, la nomina del nuovo sovrintendente è stata molto discussa. Resta convinta di aver fatto la scelta migliore?
«Penso che William Graziosi sia la persona giusta. Diamogli tempo, lo valuteremo tra un paio d’anni. Il pubblico del Regio è diminuito negli ultimi anni e ora bisogna invertire questa rotta, raggiungendo chi non siamo riusciti a raggiungere sinora».

Una volta terminati i lavori di ristrutturazione del Comune, si ricandiderà per un secondo mandato?
«No, in questo momento penso al mio mandato e ai tre anni che ancora mi aspettano. Voglio lasciare fondamenta solide per il futuro».

L’ 80 per cento dei torinesi è favorevole alle Olimpiadi. Se l’aspettava?
«Sì, ho sempre avuto la percezione che fosse un tema sentito e che potesse essere un’occasione per la città».

Quando si tratterà di decidere, il dissenso interno alla maggioranza del M5S peserà di più del consenso esterno tanto diffuso in città?
«Non abbiamo ancora spiegato bene il modello che vorremmo attuare per la candidatura di Torino 2026, ma quando lo faremo sono sicura che riusciremo a convincere i torinesi ancora dubbiosi, e non mi riferisco solo alla mia maggioranza. Le loro preoccupazioni — da quelle sul riutilizzo delle strutture al termine dei Giochi, su cui in passato sono stati fatti degli errori, a quelle sul debito e sul controllo degli appalti, tema attuale più che mai – sono legittime e vanno fugate».

La vicenda dello stadio della Roma rafforzerà le ragioni dei No Olimpiadi?
«No, non inciderà su Torino. Se si inizia a pensare che quando si fa un appalto possano esserci problemi, si finisce per non fare più niente. Il punto è vigilare. E noi lo faremo con la massima attenzione».

La sindaca alle prese con il timone del giornale La sindaca alle prese con il timone del giornale

La candidatura ai Giochi olimpici invernali può essere un’occasione di rilancio per la periferia nord della città, quella che in passato è rimasta tagliata fuori dai grandi investimenti?
«Alla base del dossier che stiamo elaborando c’è l’idea di usare le Olimpiadi per ridare slancio alle trasformazioni urbanistiche avviate, o in fase di avvio. L’idea è quella dell’utilizzo temporaneo di alcune aree, in modo da avviare un grande intervento di rigenerazione urbana».

Cos’altro c’è nel cassetto, a parte le Olimpiadi, per il futuro di Torino?
«Il competence center e la sperimentazione dell’auto a guida autonoma sono due sfide che impegneranno l’amministrazione nei prossimi mesi e anni: due leve che influenzeranno positivamente lo sviluppo economico della città».

Il sondaggio del Corriere restituisce la fotografia di una città divisa a metà su molte questioni, a cominciare dal progetto della nuova Ztl. Quali sono i suoi piani per il centro?
«Il centro in questi anni è cambiato, ha smesso di essere un luogo dove i torinesi si recano esclusivamente per motivi di lavoro, ma è diventato sempre più un grande centro commerciale all’aria aperta, un luogo attrattivo per i turisti e per chi vuole vivere la città. La nuova Ztl servirà proprio a questo: a migliorare la qualità della vita. E siamo intenzionati ad andare avanti».

E cosa pensa delle 8 mila firme raccolte dal comitato No Ztl?
«Si è parlato molto delle ragioni del No, che rappresentano le legittime preoccupazioni delle attività commerciali. Ma è altrettanto vero che c’è chi crede che la nuova Ztl rappresenti un’innovazione che ci mette in linea con le altre città d’Europa».

E le pedonalizzazioni: restano nell’agenda della giunta, anche per il centro?
«È un tema su cui stiamo ragionando per il futuro. In questi primi due anni siamo partiti con quattro pedonalizzazioni in altri quartieri che avevano necessità di un rilancio: via Monferrato, Vanchiglia, Campidoglio e Basso San Donato».

Cosa vi siete detti, ieri, con il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, il quale al termine dell’incontro ha dichiarato: «Se c’è da sgomberare qualche campo rom, io ci sono»?
«Abbiamo parlato dell’operazione sul campo di corso Tazzoli e del progetto sull’ex Moi, che ritengo un esempio positivo di collaborazione istituzionale, capace di unire al percorso di liberazione delle palazzine un percorso di autonomia e di accompagnamento per le persone coinvolte».

La tabella di marcia prevedeva lo sgombero della prima palazzina entro agosto: sarà rispettata?
«Non è uno sgombero, ci tengo a precisarlo: nessuno vuole usare la forza e il nostro obiettivo è di non creare tensioni. Dopo un momento in cui abbiamo dovuto rallentare, per via delle tensioni che ci sono state, abbiamo ripreso il censimento, riaperto l’ufficio dei mediatori. E rispetteremo il cronoprogramma».

A proposito di sgomberi: la maggioranza dei torinesi è favorevole all’allontanamento dei senza tetto dai portici del centro. È un’esigenza che condivide?
«Non firmerò mai un Daspo urbano per allontanare dal centro un clochard, l’ho detto in passato e continuo a sostenerlo. Questo è un tema sociale, più che di decoro».

E come pensa di rispondere a chi si lamenta per il decoro dei portici?
«È evidente, come rileva il sondaggio, che c’è anche una necessità legata al tema del decoro urbano. Lo prendo come un segnale, un avvertimento: cercheremo di darci da fare, ma nell’ottica dell’avvicinamento delle persone, del loro accompagnamento. L’allontanamento non risolve il problema, ma lo sposta. E per poche ore».

Un’altra questione di cui spesso si lamentano i commercianti del centro, in particolare quelli di via Garibaldi, è l’abusivismo: come pensa di affrontarlo?
«Per andare da casa a Palazzo Civico passo tutti i giorni da via Garibaldi e conosco bene il problema. La polizia municipale interviene spesso per cercare di arginarlo e fa molti sequestri, ma bisognerebbe prima di tutto contrastare il problema all’origine; e questo non spetta soltanto ai vigili urbani. E poi occorrerebbe sensibilizzare gli acquirenti, affinché siano attenti a non favorire la concorrenza sleale e chi non paga le tasse».

Capitolo piazza San Carlo. Quasi tutti in città attribuiscono la responsabilità di ciò che è successo il 3 giugno 2017 a lei, primariamente, e alle istituzioni in generale. Come la fa sentire questo giudizio?
«Quell’evento ha toccato la vita di molti torinesi, e non solo. E ha cambiato il modo di gestire gli eventi, non solo a Torino».

È stato lo spartiacque del suo mandato?
«È stata brutta pagina, un evento che i torinesi ricordano ed è giusto ricordare. Per me è stato un momento molto difficile, e continua a esserlo. C’è un’indagine della magistratura e la giustizia farà il suo corso. Ma la città ha il dovere di andare avanti e di non fermarsi, come sta facendo. Continuando a vivere e a organizzare eventi».

I torinesi intervistati da Ipsos hanno un giudizio positivo sull’offerta culturale della città, nonostante le polemiche di quest’ultimo anno sull’assottigliarsi del cartellone di appuntamenti in città. Torino è ancora una città che punta sugli eventi?
«In questi giorni la città è bellissima, l’abbiamo vista con il Salone dell’auto, il Bocuse d’Or, il Festival del caffè e ora con il Villaggio Coldiretti. La città è viva, e la qualità della vita resta alta: gli eventi non mancano e continueremo a puntare su una offerta culturale e turistica di primo livello».

Andrà al Pride, nonostante l’alleanza di governo con Salvini?
«È un appuntamento fisso per me».

Si aspettava che i torinesi approvassero a larga maggioranza la sua scelta di registrare all’anagrafe i figli delle coppie gay?
«È un dato bellissimo, che un po’ mi ha stupito, soprattutto pensando all’elettorato meno progressista. Sinora abbiamo trascritto 35 bambini come figli di due mamme o di due papà; gli ultimi 9 giovedì mattina. Il Paese e le persone sono più avanti della politica su questi temi. Ne sono convinta».

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