Torino

L'allarme del procuratore Borgna: "Al Nord la minaccia delle mafie straniere"

Il magistrato a un convegno sulle organizzazioni criminali: "In alcune comunità di altri Paesi fenomeni pericolosi su cui non bisogna essere distratti"

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La storia della mafia, le sue ramificazioni a Torino, nel passato, nel presente e l’attenzione che dovrà esserci sul fenomeno anche nel futuro. Un pomeriggio dedicato a discutere della “Lotta al crimine organizzato. Quali scenari futuri?” al Palagiustizia di Torino in cui si sono confrontati magistrati di altissimo livello ed esperti del tema: dal presidente vicario della Corte d’appello Fabrizio Pasi, al procuratore generale Francesco Saluzzo, al procuratore aggiunto Paolo Borgna, insieme al sociologo Fabio Iadeluca, al professor Pierpaolo Rivello e al professor Ranieri Razzante, fondatore e presidente dell’A.I.R.A. (l’associazione italiana responsabili antiriciclaggio), oltre all’avvocato penalista Gianluca Vitale e al tenente colonnello Massimo Corradetti, comandante del reparto carabinieri Anticrimine di Torino. Sono stati proprio i magistrati torinesi, con la loro decennale esperienza nella lotta alla criminalità organizzata, a tracciare il quadro locale delle infiltrazioni mafiose a Torino e in Piemonte.

Il procuratore generale Saluzzo ha ripercorso la storia della criminalità organizzata a Torino e in Piemonte: "Le persone hanno scarsa conoscenza del fenomeno mafioso e dei reali rischi per lo Stato", ha detto e il suo discorso si è incentrato sull’esperienza piemontese del passato, in quanto lui stesso rappresenta “l’ultima memoria in servizio in questo campo dato che ho cominciato ad occuparmi di criminalità organizzata nel 1980, quando Torino era dominata dalle organizzazioni mafiose dei catanesi , si fronteggiavano due schieramenti e a Torino venivano commessi più omicidi che a Catania” per arrivare a spiegare come la  città fosse poi anche diventata una piazza interessante per la ‘ndrangheta dei calabresi, e che in virtù dei loro patti di non belligeranza sia poi anche maturato l’omicidio del procuratore Bruno Caccia , in “condizioni impensabili per una Torino che non aveva alcuna consapevolezza delle infiltrazioni mafiose”.

L’intervento del procuratore aggiunto Paolo Borgna, che concorre nel ruolo di vertice della Procura, si è invece incentrato su altri aspetti, ma altrettanto attuali, delle organizzazioni criminali che si sono ormai ramificate a Torino e in generale al Nord: le mafie straniere. "Bisogna nel futuro continuare a tenere alta l’attenzione anche sulle nuove mafie, come quella nigeriana" ha spiegato il magistrato che aveva solo 28 anni quando è entrato a far parte del gruppo per contrastare la criminalità organizzata. Anche lui infatti ha maturato nella sua lunga carriera, una esperienza più che ventennale sulla lotta alla ‘ndrangheta, (occupandosi ad esempio del processo a Pronestì, e anche come uno dei pm più giovani del gruppo che nel 1984 fece il grande blitz contro il clan dei Catanesi). Entrando poi nella dda, sia prima che dopo un’esperienza a Bruxelles. Negli ultimi anni, a Torino, si è anche occupato del processo per la mafia nigeriana.

E proprio per questo, a una folla incuriosita di studenti e avvocati (c’era anche una delegazione dalla procura della Bulgaria), ha raccontato come proprio in una Torino inconsapevole possano avvenire episodi di violenza inaudita. Il riferimento in particolare era a una prostituta nigeriana rapita in corso Unità d’Italia e torturata con un ferro da stiro per farle confessare dove si nascondesse un’amica che si era sottratta alle grinfie della sua maman. "Il mio timore - ha detto Borgna - è che, sotto il nostro naso ma senza che noi lo vediamo chiaramente, stia avvenendo qualcosa di simile alla mafia italiana in alcune comunità straniere insediate nelle nostre grandi città. Alcune indagini condotte dalla Dda di Torino hanno aperto squarci di conoscenza su nuove realtà criminali straniere che, come avvenne per la mafia italiana in America, fondano la loro pervasività e la loro forza sulla capacità di assicurare assistenza e protezione. Su tale forza si innestano attività criminali ormai organizzate in modo stabile, di racket, di 'giustizia parallela' e di violenze organizzate, che vedono come vittime gli appartenenti alla loro stessa comunità". Nuove mafie, intese come organizzazioni straniere, come quella romena e nigeriana su cui ci sono già state condanne, dunque, che preoccupano, e su cui ancora si conosce relativamente poco (ad esempio anche quella cinese). E su cui l’attenzione, nel futuro, secondo Borgna, dovrà rimanere altissima.