Torino

Coop e pubblicità a domicilio, a Torino i complici di Tiziano Renzi e della moglie

Nelle intercettazioni le "teste di legno" e una società la Marmovid. Dovevano " coprire" il buco di un milione dei genitori dell’ex premier

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Imprenditori del mondo delle cooperative, esperti del settore della consegna pubblicitaria a domicilio: il business che ha incastrato la famiglia Renzi fa gola anche in Piemonte. E proprio qui trova alcuni punti di riferimento importanti proprio la vicenda che turba l’ex premier da quando il 18 febbraio i genitori sono stati arrestati, con le accuse di bancarotta e false fatturazioni.
Si trova proprio a Torino, infatti, in corso Massimo D’Azeglio, la sede del quartier generale di Marmodiv, una delle tre cooperative finite nell’inchiesta fiorentina ed è tutto torinese anche il consiglio di amministrazione, presidente Aldo Periale (secondo i pm una "testa di legno"), che a maggio 2018 è subentrato al cda toscano, quando lo scandalo ha travolto Tiziano Renzi e Laura Bovoli.
Dall’informativa della Guardia di finanza che per mesi ha intercettato le conversazioni degli imprenditori, appare come un’operazione di salvataggio in extremis, il tentativo disperato di non finire nei guai con l’ennesima situazione a rischio. «Ci stiamo organizzando ... la cede la ditta, ce la cede, non è che la cede ...
adesso poi le cambieremo nome e tutto, pero adesso su questo e pienamente convinto». È il 15 maggio 2018. La trasmissione televisiva Report ha mandato in onda la sera prima un servizio dedicato al business dei volantini pubblicitari, e i Renzi sembrano essere coinvolti nella truffa di migliaia di bancali di carta mai consegnata, e rivenduta al macero per un doppio guadagno.
In più: due delle tre cooperative che hanno come principale cliente la società della famiglia, la Eventi6, sono fallite con voragini nei conti e la Finanza è determinata a scoperchiare il sistema di scatole societarie, convinta che sia stato architettato per eludere i contributi ed evadere il fisco. Il torinese Daniele Goglio si mette a disposizione.
Senza mai ricoprire alcun incarico formale in Marmodiv, come dirà lui stesso ai finanzieri a luglio 2018. Eppure tutti lo indicano come il regista dell’operazione. Sono le sue stesse conversazioni di quei mesi a far emergere il ruolo di primo piano che assume nel salvataggio dei Renzi. «Capisco che ti ho messo in una situazione di disagio - gli dice il 23 maggio il papà dell’ex premier durante un incontro con l’amico comune Mariano Massone (anche lui arrestato due settimane fa a Firenze e difeso da Luca Gastini) - dimmi che cosa ti serve che io te lo giro, ti garantisco che il piacere che mi stai facendo, che è un grandissimo piacere so che devo trovare il modo di ricompensarti». Goglio, indagato anche lui dal pm Luca Turco per false fatture, è assistito dall’avvocato Vittorio Nizza. Non è affatto un dilettante.
Quando torna da Firenze racconta di aver ricevuto incondizionata riconoscenza. «Sono andato su dal mio amico, proprio lui (Tiziano Renzi, ndr) ok? E vabbè è stato gentilissimo mi ha detto "ti ringrazio ti sei preso un onere grandissimo mi stai facendo un grande... so che sei esperto non combinare casini, perché se mi viene fuori un casino anche lì ti lascio immaginare come può andare a finire per me e per mia moglie"». È Mariano Massone di Alessandria che mette i due in contatto. Massone è un altro personaggio centrale nella ricostruzione degli inquirenti.
«Lestofanti, imbroglioni, truffatori» li apostrofa Gerardo Martini, il primo creditore di Marmodiv che mentre sono in atto le grandi manovre aspetta pagamenti per oltre un milione di euro. In altri tempi avrebbero fatto fallire la coop, sostiene la procura, lasciando tutti a bocca asciutta. Ma a maggio 2018 non possono permetterselo, così trasferiscono la sede a Torino e provano a cambiarle i connotati.
«Tiziano guarda che sul Piemonte possiamo fare noi» dice Goglio.
«Gli ho detto "cosi ti togli un po’ delle solite che ti girano intorno che ti han sempre creato problemi» racconta. «Io gliel’avevo detto tre mesi fa, adesso mi chiama "allora, Daniele, il Piemonte me lo gestisci te" e io: "va bene me lo gestisco io"».