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Don Giovanni, prete di Montebelluna: «Io, violentato a 11 anni, è giusto che la Chiesa estirpi i pedofili»

La confessione del parroco montebellunese: «Abusi da un uomo che frequentava la parrocchia, ho taciuto per trent’anni»

Fabio Poloni
2 minuti di lettura

MONTEBELLUNA. «Sono stato violentato. Avevo solo undici anni. È stato un uomo che frequentava la parrocchia, a Biadene. Ho tenuto il segreto per trent’anni. Ora ho trovato la forza di dirlo pubblicamente grazie a papa Francesco, che ha deciso di affrontare il drammatico problema della pedofilia nella Chiesa. Così ho deciso di parlare anch’io».

Squarcia un velo intimo e drammatico don Giovanni Gatto, 44 anni, parroco montebellunese di Tempera, frazione de L’Aquila. Un “coming out” pubblico, su Facebook, per confessare di essere stato vittima, da ragazzino, di abusi sessuali. Al telefono ci racconta il perché di questa confessione.

Don Giovanni, come ha trovato la forza di raccontare questo dramma personale?

«Mi sono tenuto dentro questo segreto praticamente per trent’anni. La prima persona alla quale l’ho confidato, privatamente, è stata una mia amica psicoterapeuta, qualche anno fa. Solo l’anno scorso l’ho detto anche a mia mamma e al mio cardinale, che mi è molto vicino».



Ora lo ha raccontato pubblicamente, su Facebook.

«Ho trovato il coraggio dopo tanto, tanto tempo. Mi ha aiutato molto don Fortunato Di Noto, ora incaricato per la Cei di occuparsi proprio della lotta contro la pedofilia nella Chiesa. E devo dire grazie a papa Francesco perché sta togliendo il velo di silenzio che c’era sulle violenze. Anche a papa Benedetto XVI, che ha iniziato questo percorso. E poi ieri (giovedì, ndr) don Vinicio Albanesi, presidente della comunità di Capodarco, ha trovato il coraggio di raccontare gli abusi subìti in seminario. Così ho deciso di farlo anch’io».

Lei racconta di essere stato vittima di un pedofilo, ma non si trattava di un uomo di Chiesa.

«No, era un uomo che frequentava la parrocchia a Biadene, ma era un laico. Un padre di famiglia, già all’epoca. E credo che ora viva ancora lì. Io ero in prima media. Mi ha attirato a casa sua. C’erano anche i suoi figli, li ha mandati via con un pretesto: “Andate di sopra che devo fare una cosa”. È stato lì che ha abusato sessualmente di me».



E si è tenuto dentro questo dramma per così tanto tempo, trent’anni.

«Avevo vergogna di parlarne. È stato un episodio bruttissimo. Sono guarito da questa ferita tremenda grazie alla mia amica professoressa di psicologia, grazie ai miei superiori, al mio direttore spirituale, ai miei amici e familiari più intimi, a Fortunato Di Noto, sacerdote fondatore di Meter che lotta contro il gravissimo reato della pedofilia. E grazie soprattutto a Gesù e alla Madonna, nostra Mamma Celeste. Ora sto bene e ho perdonato dopo anni il pedofilo che mi ha ferito in maniera così profonda».

Per le vittime parlare è sempre un ostacolo altissimo. Ora la Chiesa sembra alzare il velo dopo anni in cui questi episodi sono stati coperti, minimizzati, nascosti. Cosa ne pensa?

«Sono molto felice che papa Francesco abbia iniziato questo percorso, e ora avviato il summit contro la pedofilia: si arrabbia molto quando scopre che i vescovi coprono i casi di pedofilia all’interno della Chiesa».

Lei è stato testimone diretto di qualche episodio?

«Purtroppo sì. Un mio compagno in seminario, che sembrava una persona stupenda, fu arrestato per pedofilia, ora è stato anche scomunicato. In quel caso ci furono sia il processo canonico, sia quello penale. Poi un altro caso, nel Lazio, di un parroco: quello non fu mai denunciato all’autorità giudiziaria, fu solo ridotto allo stato laicale dalla Chiesa. Infine altri due casi in cui ho raccolto personalmente le confidenze da parte delle vittime: gli autori degli abusi sono solo stati spostati, uno in un’altra parrocchia, l’altro è stato spedito in missione all’estero». 


 

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