Crataegus laevigata – Biancospino selvatico

Fenologia minima: ciclo vegetativo, fioritura, fruttificazione
Areale di origine – native range. Più settentrionale del cugino monogyna, si spinge fin quasi il circolo polare artico e si ritrae dalle isole mediterranee.

Crataegus laevigata o Cartaegus oxyacantha è molto simile al cugino monogyna sia nella forma (portamento) arbustiva sia in quella arborea, anche le chiome, rade e con pochi rami, sono molto simili.
Il biancospino è volentieri cantato dai poeti, ma in quale delle due specie è difficile dirlo.
La foglia è moderatamente lobata con venature evidenti e bordo debolmente dentato.
Ma non bisogna fare molto affidamento su seni e lobi, poiché spesso sono alquanto pronunciati somigliando pericolosamente a quelli del cugino monogyna.
Un aiuto viene però dalle venature secondarie: nel Nostro tendono a rivolgersi verso il vertice, mentre nell’altro sono inclini ad allargarsi verso l’esterno.
Insomma, nel primo la convessità è rivolta verso il vertice, nel secondo verso la base.
Foglia con stipole. Una integrazione alla sintesi clorofilliana.
Anche le stipole sono di forma varia, imitando talvolta quelle del monogyna.
Rametto ai primi di marzo. Stessa gemma per fiori e foglie.
Vere spine, soprattutto sui rami giovani.
Corteccia inizialmente liscia dai riflessi bronzei; qualche lenticella.
Col tempo si fessura in placche longitudinali e trascolora verso il grigio
Fiore da biancospino: bianco, cinque petali, numerosi stami sormontati da antere inizialmente rosse e poi violacee.
Pistillo con due o tre stili, mentre il monogyna ne ha sempre e solo uno: carattere dirimente.
Infruttescenza a corimbo (o forse a ombrella). Il frutto è un pomo rosso a maturità (settembre). Poi resta a lungo sulla pianta.
Spesso è possibile trovare, anche in inverno avanzato, i resti degli stili. La circostanza è preziosa, come si capisce, per l’identificazione!
Frutto appena formato in maggio. Si distinguono i due stili secchi.
Frutto a due semi, a distinguerlo dal cugino monogyna che ne ha rigorosamente uno.
Sezione trasversale di frutto di laevigata.
In città è rarissimo. Tre esemplari vivono in Orto uno presso le serre ottocentesche, un altro nell’aiuola dedicata alla piante alpine e il terzo dentro il recinto cinquecentesco. Nella foto il primo carico di frutti in dicembre.
Aiuola delle piante alpine in aprile
Riva sinistra del Canale Brentella vicino al ponte di Via Chiesanuova, il Nostro è al centro, fiorito.

Sistematica

Crataegus laevigata (Poir.) DC.
Il nome scientifico fu assegnato da A. P. de Candolle nel libro che scrisse nel 1825 con altri naturalisti dal titolo lunghissimo Prodomus systematis naturalis… e ci fermiamo qui. Il Candolle fu un naturalista svizzero rampollo di una nobile famiglia originaria della Francia. Pubblicò nel 1804 il volume Synopsis plantarum in flora Gallica descriptarum. Inoltre per tutta la vita dedicò non pochi sforzi a elaborare un proprio metodo di classificazione naturale alternativo a quello di Linneo, che lui riteneva (giustamente) artificiale.

La pagina 630 del Prodromus. Riguardo al frutto de Candolle specifica che ha due semi (dispermis).

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