Come ti cambia la vita. Com'è stato possibile passare da disoccupato di lusso ad addirittura colui che, con un gran rifiuto, si permette di dire di no al più vincente club della storia, quel Real Madrid tricampeone d'Europa, diventando in un colpo solo juventino doc e uomo simbolo d'altri tempi, quelli che prima l'onore e poi carriera e denari. No, non è una promozione pubblicitaria di un manuale per sopravvivere e far carriera, bensì la storia che va da quel 16 luglio 2014, giorno di nomina a tecnico della Juventus, di Massimiliano Allegri, sportivo "dall'animo pulito" in Italia ed Europa. La Juve, si disse, ingaggiò Allegri soltanto perchè in quel famoso e lontano luglio, spiazzati dalle dimissioni\esonero di Conte, non vi era libero sul mercato nessun altro tecnico "aziendalista", e difatti il malumore della piazza juventina fu assai palpabile: a gran voce flotte di tifosi si schierarono contro questa scelta, caduta su un uomo che nel febbraio precedente era stato esonerato con l'etichettatura di incapace o meglio incompetente nientepopodimeno che da Berlusconi in persona. Qualcuno durante la prima annata da allenatore bianconero del mister toscano, in ambienti juventini, pose la seguente domanda: "Come fate a valutare Allegri che ha ereditato una squadra perfetta non sua, ma forgiata e ricostruita dalle ceneri dal vero ed unico artefice dei nostri nuovi successi, ovvero Antonio Conte?". Altri fecero notare che, in effetti, il nuovo fenomeno della panchina bianconera era stato anche il primo ed unico allenatore nostrano a non vincere lo Scudetto annoverando tra le proprie linee un certo Zlatan Ibrahimovic: la finale raggiunta a Berlino e persa sonoramente contro un Barça stellare fece il resto, ma comunque permise al tecnico di guadagnare "punti" in società ed ambiente.

Son fioccati quattro scudetti da quel famoso 16 luglio 2014 ma il vero obiettivo, l'affermazione europea, è ancora latente: qualcuno si domanda se con un altro buon tecnico la Juventus avrebbe raggiunto un minor numero di titoli nazionali, e tanti propendono per un "no" secco e deciso. Chi, si conceda di supporre, dei tecnici vincenti e di forte attualità europea sarebbe poi andato oggi ad allenare un club che vince da tre anni di fila la Champions League con il rischio di arrivare, perderla, ed essere licenziato in tronco da un presidente capace di allontanare, ricordiamolo, un certo Carlo Ancelotti, vincitore della ormai famosa ma antecedentemente famigerata "decima"? Zidane si è dimesso senz'altro per aver appurato la necessità di una rifondazione totale della rosa madrilena, e non di certo per cronica stanchezza o stress lavorativo senile (allenatore da tre anni soltanto), buttando poi cosi, gratuitamente, la concreta possibilità di fare incetta di successi nell'anno che viene (Supercoppa europea, Mondiale per Club).

No signori, Allegri non ha rifiutato un Real irrinunciabile ma, giustamente, ha soltanto fiutato l'aria di un possibile fallimento e ha preferito continuare laddove ha tanti crediti, eventualmente, da riscuotere. La scelta di Lopategui, assai di ripiego, lo dimostra chiaramente. Allegri è un buon allenatore, ma non titolato al livello dei grandissimi, ed è quindi da considerare ancora come un vincente ma con la "v" minuscola. Roberto Di Matteo ha vinto una Champions da allenatore, e quindi? Tutto è soggettivo, ma obiettivamente si ricordano più facilmente i tecnici della Juve vincitori in Europa rispetto a quelli vincenti di titoli nazionali, piatto forte della casa. Allegri, volpe o santo subito?