Condannato a dieci anni, sconta pena servendo nella mensa dei poveri

Una mensa per i più poveri. Cei
Una mensa per i più poveri.

PIACENZA. – Passare da “re dei furti” in una spietata banda dedita a ogni genere di razzia, a umile servitore dei più bisognosi in una parrocchia della Romagna. E’ la parabola umana della vita di un ladro di 29 anni, soprannominato “Dracula”, che di recente ha racimolato qualcosa come dieci anni di galera per tutti i furti portati a segno a Piacenza e provincia: a pesare in aula, davanti al giudice del tribunale della città emiliana, la mole di razzie nelle case della gente e nelle aziende della Bassa piacentina, e non solo, e addirittura l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti.

Per lui però i giudici della Corte di Appello di Bologna hanno disposto una misura alternativa al carcere: gli arresti domiciliari in una parrocchia con l’impegno di servire i pasti alla mensa dei poveri. Delle due condanne in primo grado a tre anni e sei mesi, e a sei anni e quattro mesi di reclusione (questa con il rito abbreviato e quindi lo sconto di un terzo della pena), è per quella più lieve che Dracula, di origine albanese, ha ottenuto i benefici.

Il suo avvocato, Mauro Pontini del Foro di Piacenza, si è visto accogliere dalla Corte di appello di Bologna l’istanza per sostituire il carcere, dove il 29enne si trovava rinchiuso dal dicembre del 2017 quando i carabinieri lo hanno arrestato al termine di una lunga indagine, con gli arresti domiciliari presso una parrocchia della Romagna.

I giudici di Appello, nel provvedimento, non ne hanno certo sottovalutato l’alto potenziale criminoso, sottolineando infatti “la gravità dei delitti commessi e il presumibile inserimento del predetto (Dracula, ndr) in una organizzazione finalizzata alla commissione di furti in abitazione” e soprattutto che “permangono elevate esigenze cautelari”, leggasi che c’è ancora la concreta ipotesi che possa tornare a rubare.

Ma la Corte bolognese ha anche affermato che esiste la “possibilità concreta di reinserimento sociale, anche alla luce della formale incensuratezza e della sua giovane età, possibilità di rieducazione e risocializzazione fornita dalla disponibilità ad accogliere l’imputato agli arresti domiciliari nella struttura parrocchiale gestita da un sacerdote che gli ha offerto anche una possibilità di impiego come volontario presso la mensa”.

(Di Giampietro Bisaglia/ANSA)

 

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