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WINE MONITOR

Il futuro del commercio enoico mondiale tra nuovi mercati, tendenze e gusti che cambiano

Analisi Nomisma: l’Italia a due velocità conta sulle bollicine, la Cina corre ma comandano ancora gli Usa, dove la crescita è, però, lentissima
DENIS PANTINI, NOMISMA, SANTA MAGHERITA, SCENARI, VINO ITALIANO, WINE MONITOR, Italia
Il mercato enoico mondiale e l'Italia nell'analisi di Wine Monitor - Nomisma

Il mondo beve meno vino. O meglio, prendendo in esame il trend dell’ultimo decennio (2007-2017), in termini puramente quantitativi, i consumi hanno fatto segnare un calo del -1%. Demerito, principalmente, dei Paesi storicamente consumatori, non necessariamente grandi produttori, ed essenzialmente della Vecchia Europa: Spagna (-22%), Italia (-20,3%), Francia (-14%), Argentina (-12,1%), Uk (-9%) e Germania (-7,1%). Nello stesso periodo, a crescere sono stati soprattutto la Cina (+165,8%), che oggi vale il 7% dei consumi enoici mondiali, gli Usa (+20,8%), primo consumatore mondiale con una quota del 13%, e l’Australia (+18,3%). E’ la premessa, doverosa, di “Wine Marketing - Scenari, mercati internazionali e competitività del vino italiano”, il nuovo volume firmato da Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor , presentato nei giorni scorsi a Milano, in collaborazione con Santa Margherita e Withersworldwide.
L’aspetto più importante per le aziende italiane, ormai quasi tutte con una netta propensione all’export, riguarda però il peso e la crescita dei diversi mercati in termini di importazioni. Nessuna sorpresa, gli Usa guidano con 5,23 miliardi di euro di vino importato, (+55,6% nel periodo 2007-2017), poi la Gran Bretagna (3,63 miliardi di euro, -2%), la Germania (2,5 miliardi di euro, +28,3%), la Cina (2,46 miliardi di euro, +1.210%), il Canada (1,67 miliardi di euro, +55%), il Giappone (1,4 miliardi di euro, +57%), la Svizzera (1 miliardo di euro, +40,4%) e la Russia (880 milioni di euro, +110%). In termini di tipologie più esportate, la crescita maggiore riguarda gli spumanti, + 31% tra il 2012 ed il 2017, a quota 5,85 miliardi di euro, contro i 22,14 miliardi dei vini fermi imbottigliati ed i 3,2 miliardi degli sfusi e dei grandi formati. Il primo consumatore di vino rosso, invece, è la Cina, con 17,4 milioni di ettolitri (il 74% dei consumi nazionali, +14,5% dal 2012), seguita da Usa (12,8 milioni di ettolitri, +10,6%), Francia (9,4 milioni di ettolitri, -11,8%), Italia (9,1 milioni di ettolitri, -9,5%) e Germania (7,6 milioni di ettolitri, -5,5%). Usa che sono invece i primi consumatori di bianchi, a quota 13,1 milioni di ettolitri (+8,4%), davanti a Italia (9,2 milioni di ettolitri, -5%), Germania(6,8 milioni di ettolitri, +4,4%), Uk (5,8 milioni di ettolitri, -1,2%) e Cina (5,5 milioni di ettolitri, +26%).
Ma chi sono i principali esportatori per tipologia? L’Italia guida tra i bianchi, ad 1,28 miliardi di euro a valore, la Francia tra i rossi (4,18 miliardi di euro), davanti ad Italia (2,4 miliardi di euro), Spagna (1,38 miliardi di euro) e Australia (1,11 miliardi di euro), e le bollicine (3,12 miliardi di euro), seguita da Italia (1,36 miliardi di euro) e Spagna (459 milioni di euro). Per quanto riguarda il prezzo medio, invece, la Nuova Zelanda è al top sia tra i bianchi (4,93 euro al litro), davanti a Francia (4,69 euro al litro) e Italia (2,8 euro al litro), che tra i rossi (7,71 euro al litro), seguita ancora da Francia (5,36 euro al litro) ed Italia (4,37 euro al litro). Per le spedizioni italiane, Uk fondamentali per le bollicine, con una quota del 30,1%, davanti agli Usa (21,8%), che sono invece il mercato di riferimento sia per i bianchi (36,6%) che per i rossi fermi (20,8%).
Per quanto riguarda il 2018, i dati dei primi nove mesi di principali mercati dell’export italiano, mostrano un andamento a due facce: da un lato Usa, Uk e Brasile, dove ad un calo generale delle importazioni l’Italia risponde con una sostanziale tenuta (+0,9% in Usa, +1,9% in Uk e +6% in Brasile), dall’altro Germania e Giappone, dove invece le spedizioni tricolore segnano il passo (-3,6% nel Sol Levante, -1,6% in Germania). In totale controtendenza, come succede da qualche anno, gli sparkling: le bollicine italiane vanno forte praticamente dappertutto, dagli Usa (+14,8%) allo Uk (+8,9%), dalla Svizzera (+10%) al Canada (+5,5%) alla Russia (+7,5%), con la sola eccezione della Germania (-3,8%). In calo praticamente ovunque, invece, i vini fermi: -2,2% in Usa, -3% in Germania, -4,6% in Giappone, -3,1% in Svizzera, -2% in Russia; crescono solo Uk (+2,9%), Canada (+0,5%) e Brasile (+3,7%). A livello globale, tolta la Francia (+5,2%), nessuno dei grandi Paesi esportatori fa segnare crescite importanti sul fronte delle spedizioni di vini fermi, con Cile (-5.9%), Nuova Zelanda (-6,2%) e Usa (-9,1%) in crollo verticale nei primi 9 mesi del 2018.
Per risalire la china, allora, bisogna saper seguire le tendenze, emerse dal Consumer SurveyWine Monitor 2017, che mostra sensibilità tutto sommato simili tra i consumatori di Italia e Usa. In Italia i consumatori indicano tra le tre tendenze top i vini provenienti da vitigni autoctoni (45%), i vini biologici (38%) ed i vini leggeri, semplici da bere (29%). Gli americani mettono invece sul podio i vini biologici (25%), i flavoured wines (23%) ed i vini da vitigni autoctoni (22%).
Ma come vanno i singoli mercati, proprio in termini di tendenze? In Germania, negli ultimi 5 anni, il consumo di domestic wine è cresciuto a volume del 3% a fronte di una sostanziale stazionarietà dei consumi di vino a livello complessivo. Tra il 2014 e il 2017, mentre l’import di vini fermi è diminuito complessivamente a valori del 3% (Italia-1%), quello dall’Austria è cresciuto dell’11%(+31% i bianchi Dop, top exporter assieme al Sudafrica, +17%). Sul fronte degli spumanti, pur a fronte di un consumo in crescita di Prosecco, nell’ultimo anno si registra un recupero dei Cava(+28%) e un aumento delle importazioni di spumanti francesi, in particolare Cremant (+7%, escluso Champagne).
Nel 2017, negli Stati Uniti l’import di vini fermi dall’Italia è aumentato a volume di appena l’1%, contro un +16% dalla Francia e un +6% dalla Nuova Zelanda (che ha portato così la variazione cumulata a 5 anni al +79%). La crescita francese è largamente imputabile al successo nel consumo dei rosé sul mercato statunitense, le cui vendite complessive, nel corso dell’ultimo anno, sono aumentate a valore del 64% (off-trade, aprile 2018, dati Nielsen) e dove la Francia detiene una quota del 60%. Anche nei primi 9 mesi di quest’anno, le importazioni a volume di vini fermi sono maggiormente in crescita dalla Francia (+14%), mentre sono in calo dall’Italia (-2%).
Grazie agli Accordi di Libero Scambio (FTA) e alla relativa esenzione da dazi (o riduzione progressiva), le importazioni a volume in Cina di vini fermi imbottigliati da Australia e Cile sono cresciute rispettivamente del +213% e+257% tra il 2012 e il 2017 (rispetto ad una crescita a livello totale del +108%). Anche nei primi 9 mesi di quest’anno, l’export di vini fermi imbottigliati australiani in Cina è cresciuto a volume del 16%. La Cina rappresenta oggi il primo mercato di export per i vini fermi australiani (142,3 milioni di bottiglie, di cui 94% rosso, su 510,5 milioni di export totale), il cui prezzo medio (all’export) verso tale mercato è cresciuto del 23% tra il 2016 e il 2018.
Tra il 2012 e il 2017, le vendite di vino biologico in Svezia sono passate da 100 a 436 milioni di euro, rappresentando oggi il 22% dei consumi totali di vino nel Paese. Il tasso di crescita medio annuo è cresciuto dal 10% del periodo 2010-2013 al 42% del 2013-2017. L’Italia è leader in questo segmento con una quota di mercato pari al 42 (era il 36% nel 2015). Delle prime 10 etichette “bio” più vendute a livello complessivo, 6 riguardano vini italiani e le prime 3 sono relative a Prosecco. Il 55% delle vendite di vino biologico in Svezia si concentra nella fascia di prezzo tra 9 e 15 euro a bottiglia (al consumo). Cinque anni fa, le vendite collegate a tale fascia di prezzo erano pari al 45% del totale di categoria.

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