La veranda. Nella foto il modernissimo divano rivestito in verde nuance che predomina in tutta la stanza. Tra gli arredi...

Villa Necchi Campiglio: 5 cose da sapere sul capolavoro di Portaluppi

La veranda. Nella foto, il modernissimo divano rivestito in verde, nuance che predomina in tutta la stanza. Tra gli arredi dell’ambiente, spiccano vasi cinesi del XVII-XIX secolo che raccontano la passione dei Necchi Campiglio per l’Oriente.Foto arenaimmagini.it  (2014) © FAI-Fondo per l’Ambiente Italiano

Set di un film, fortezza all’avanguardia, colpo di fulmine in una nebbiosa notte milanese. Cinque curiosità (e un video da non perdere) su Villa Necchi Campiglio, l’iconica dimora progettata da Piero Portaluppi negli anni Trenta.

1- Nene, Gigina, Nedda e la nebbia milanese

La villa venne commissionata nel 1932 a Portaluppi dal medico-imprenditore Angelo Campiglio, detto Nene, e le sorelle Necchi: Gigina (la moglie di Angelo) e Nedda, che, nubile, vive con la sorella e il cognato. Originarie di Pavia, le sorelle sono proprietarie di una grande fonderia di ghisa, la NECA; a Vittorio Necchi, fratello di Gigina e Nedda, fa invece capo la Necchi, l’azienda delle famose macchine per cucire, una delle icone del boom economico italiano del secondo dopoguerra, presente in tutte le case come simbolo di benessere. I coniugi Campiglio, attratti dalla vita sociale e culturale della città, all’inizio degli anni Trenta decidono di trasferirsi a Milano. Si narra che una sera, tornando a Pavia dopo aver assistito a uno spettacolo alla Scala, si perdono nella nebbia meneghina e, fermata l’auto, intravedono gli alberi di un giardino dove campeggia la scritta “Vendesi” con un numero di telefono. Il giorno dopo Angelo acquista la parte di giardino che affaccia su via Mozart (è di proprietà dei conti Cicogna) e commissiona a Portaluppi il progetto della residenza: nasce così Villa Necchi Campiglio, dove i proprietari trascorreranno tutta la loro lunga vita. Un’esistenza dorata, libera da preoccupazioni di natura economica, divisa tra i salotti milanesi, le battute di caccia in campagna e i viaggi in Europa a bordo della loro Isotta Fraschini. Non mancano anche i tour in medio ed estremo Oriente, di cui sono grandi appassionati. E poi, naturalmente lo sport: dallo sci al nuoto, dal tennis alla pesca.

2- Portaluppi: l’architetto-umorista

Si chiama Piero Portaluppi, e in quegli anni è l’architetto più ricercato del momento. È docente al Politecnico di Milano e progettista affermato, un uomo dalla vivace creatività e dall’eleganza innata. Tra gli anni Venti e Trenta ritroviamo nelle sue architetture un mix di elementi neoclassici, déco, futuristici e secessionisti. Nella sua incredibile carriera (lavorerà per i più importanti committenti dell’imprenditoria lombarda e sul restauro dei principali monumenti di Milano) si cimenta come disegnatore umoristico e satirico, pubblicando vignette su diverse riviste (Il baubau, A quel paese e il Guerin Meschino). È anche un grande appassionato di astronomia.

3- La stanza che dialoga con la natura

La scultura di Adolfo Wildt. La scultura del 1930 di Adolfo Wildt, Il puro folle, opera della collezione Gian Ferrari, è stata considerata come il testamento spirituale dell’artista: raffigura Parsifal mentre lotta contro il male, rappresentato dal serpente schiacciato sotto il calice del Sacro Graal.Foto arenaimmagini.it (2021) © FAI-Fondo per l’Ambiente Italiano

L’architetto dichiara apertamente la sua grande attenzione per il sistema di serramenti. E lo testimonia alla perfezione la veranda di Villa Necchi Campiglio: quasi interamente proiettata verso lo spazio esterno, si apre sul giardino attraverso queste pareti-vetrate e un’ampia finestra orizzontale, che fa da punto di incontro tra interno ed esterno. Questa sala è un elegante giardino d’inverno, una giungla urbanadove il verde è protagonista: il salvia delle pareti, i marmi Roja e Patrizia del pavimento, il rivestimento del divano a “S”. E poi le piante esotiche, naturalmente, che quasi si confondono con gli alberi all’esterno. In un gioco luminoso e innovativo.

4- La piscina riscaldata e le altre innovazioni tecnologiche

La piscina. La lunga collaborazione di Tomaso Buzzi con i Necchi Campiglio coinvolge anche alcune zone del giardino. L’architetto progetta infatti l’area che circonda la piscina, realizzando una parete che separa il campo da tennis, delineando un andamento mosso con un un timpano, nicchie e aperture ad arco.Foto arenaimmagini.it (2022) © FAI-Fondo per l’Ambiente Italiano

Portaluppi adotta nel progetto di Villa Necchi Campiglio diverse soluzioni decisamente innovative per l’epoca: l’ascensore che collega i quattro livelli della dimora, il montavivande, i citofoni interni (ogni locale era fornito di campanello per chiamare il personale), la grata automatica all’ingresso, le casseforti, le porte blindate scorrevoli e i cavedi murati per garantire la sicurezza in tutta la casa. I serramenti e gli infissi hanno triplice sistema di chiusura scorrevole a scomparsa e i modernissimi termoconvettori per il riscaldamento, sono alloggiati nelle soglie e negli imbotti lateriali delle finestre. Questo sistema viene descritto sulle riviste dell’epoca come ingegnosa soluzione al “problema architettonico moderno dell’impianto di riscaldamento invisibile”. Altra novità assoluta è la piscina “riscaldata con una speciale serpentina” e “dispone di cambio d’acqua automatico”, scrive la rivista Rassegna di architettura nel 1935.

5- Una villa da Oscar

Nel 2009 Villa Necchi Campiglio diventa la grande protagonista del film Io sono l’amore del regista Luca Guadagnino. La casa di via Mozart viene infatti scelta per ambientare le vicende della famiglia Recchi, interpretate da attori del calibro di Tilda Swinton, Pippo Del Bono, Marisa Berenson e Alba Rohrwacher. Specchio dello stile di vita agiato dei proprietari, la casa è uno scenario ideale per raccontare le abitudini e i costumi dell’alta borghesia industriale lombarda. «Stavo cercando una dimora che avevo descritto nel film secondo un certo gusto», ha raccontato il regista in un’intervista. «Mi interessava che ci fosse un ambiente molto rigoroso, neutro all’esterno e ricco all’interno, severo ma allo stesso tempo dorato e caldo. Villa Necchi Campiglio è stata una casualità incredibile. Avevo comprato molti libri di architettura e non trovavo nulla, c’era sempre qualcosa di troppo in queste case. E a un certo punto comprai un libro che raccoglieva alcune tra le migliori dimore italiane – l’ultimo che mi ero ripromesso di comprare dopo tre anni di ricerche – e l’ultima casa del libro era Villa Necchi Campiglio, di cui non sapevo l’esistenza». Poi, per fortuna, l’ha scoperta. E celebrata in un capolavoro cinematografico che la renderà immortale, anche in pellicola. Ma non è il solo regista ad essere stato affascinato da questa villa. Ridley Scott ci ha girato alcune scene di House of Gucci. Non a caso, Milano è un luogo fondamentale per raccontare la storia di Patrizia e Maurizio Gucci. Ed è a Villa Necchi Campiglio che è stato ricostruito lo studio di Rodolfo Gucci (Jeremy Irons nel film). Nelle scende si intravedono molti elementi iconici: la veranda, gli ascensori, il montavivande, citofoni interni, porte blindate scorrevoli e caveau murati, le collezioni d’arte e l’esterno, con giardino e piscina.