Viviamo in un tempo particolare di instabilità, anche o proprio, perché è pieno dismarrimento e di contraddizioni. La storia del mondo sta cambiando, ne sono ilsegno le popolazioni che si spostano nel pianeta. È una precarietà generale che interessa anche il nostro territorio. Nonostante ripetiamo, forse per abitudine, che «la speranza è l’ultima a morire», tuttavia ciò che caratterizza noi, uomini di questo tempo e di questa terra, è di essere orfani di speranza.

Infatti, anche qui, serpeggiano rassegnazione, sfiducia, tristezza, insicurezza, ambiguità, solitudine. Più che attendere il futuro come novità, losi aspetta con timore. Abbiamo difficoltà a coniugare il verbo sperare però ci illudiamo aggrappandoci a speranze mignon e di piccola gettata (penso aigiovani e ai loro surrogati: droga, alcol, dipendenze; ai pensionati piantonati dinanzi le macchinette elettroniche a giocarsi la fortuna). Surrogati che affascinano,ma che sono ingannevoli tanto è vero che, come le bolle di sapone, improvvisamente scoppiano e fanno solo restare col naso all’insù.

È vero, come è stato detto, che «la speranza è come una “bambina” che ha problemi di crescita», eppure l’ Immacolata ci ricorda che per essere cristiani non bastano la fede e l’amore, ma occorre anche la speranza. Questa non èun’illusione, nè un sogno impossibile, è concreta perché ha un nome e un volto:Gesù. Senza speranza si resta senza Dio. E quando Dio non c’è, a vincere èl’egoismo che scarta gli altri, il calcolo che annulla la solidarietà e cancellala gratuità. Quando si spegne la speranza, vince la tristezza e si diventainsicuri, diffidenti, timorosi. Di proposito oggi, festa dell’ Immacolata eperciò della bellezza, suono questo campanello d’allarme e invito me e voi anon restare senza speranza.

Viassicuro che non sono pessimista. Vi chiedo: non vi pare che Dio sta diventandoil grande estraneo? Il toglierLo di mezzo sta rimpicciolendo talmente l’uomo,che facilmente si scopre la poca umanità che c’è in giro. Capita – giustamente– di commuoverci dinanzi a un animale che soffre (è una creatura vivente che merita rispetto), ma, per esempio, poi si resta indifferenti dinanzi a uomini (migranti)che hanno la colpa di voler vivere come gli altri e per questo soffrono e muoiono a migliaia, o dinanzi ai poveri che soccombono per la fame, o subisconola violenza dei prepotenti o pagano il prezzo della corruzione e dell’ illegalità.

La nostra terra è ferita mortalmente da tante situazioni inquietanti: l’alta disoccupazione giovanile e no, è un’ inarrestabile emorragia di vita e vitalitàche costringe a emigrare; le famiglie spezzate anche a causa dell’ emigrazione(figli senza padri e mogli senza mariti, padri soli in terra straniera); lenostre strade che non permettono comunicazioni veloci e sicure; l’università chestenta a ripartire; il turismo mordi e fuggi che non è risorsa né aiuta a una ripresa economica; le aziende quasi inesistenti e in difficoltà; la politica litigiosa e poco creativa; l’artigianato che tramonta; la violenza che sichiama mafia e il potere che si chiama massoneria; la chiesa spesso disinteressata ai problemi sociali; l’agricoltura in crisi e la difficoltà di stare nel mercato; il costo idrico eccessivo. So che parlare di queste cose non è popolare né gradevole. Ma so anche che in questa terra c’è tanta gente – giovane e meno giovane – coraggiosa e generosa, impegnata nel bene che getta testardamente isemi per un futuro diverso e migliore. Ed è la presenza di questa gente che fa dire che è possibile il meglio per questa terra. “Anche le nuvole più nere nonsono mai così nere perché rivelano sempre un bordo d’argento”, dice un proverbio arabo.

E grazie a questa gente attiva e responsabile che, senza cadere in contraddizionecon quanto dicevo prima, affermo che questo è pur essendo tempo critico è anchetempo in cui pulsa la vita e la luce. La natura stessa ci spinge alla speranza. Tra poco, nonostante il pieno inverno, vedremo sbocciare i mandorli che annunciano l’avvicinarsi della stagione buona. La speranza allora può diventare la nostrastoria quotidiana.

Ogni uomo, ogni famiglia, ogni città possono risollevarsi; assieme ai fiori di mandorlo, possono spuntare risorse nuove. Basta crederci, fare rete e sbracciarsi le maniche! Anche noi possiamo essere capaci, se amiamo questaterra, invece di leccarci le ferite, di prendere decisioni che la riscattano perché rifiorisca l’economia, ci sia il lavoro, si vivano le regole della solidarietà, si cerchi il bene comune, si dica di no alla corruzione e ai giochi di interesse, si agisca insomma più positivamente.

Usciamo dalla logica del tutto va male o del non mi interessa e guardiamo la realtà con occhi nuovi, con un altro sguardo. Quando Gesù propose di dare da mangiare alla gente, gli apostoli la pensarono una cosa impossibile perché avevano a disposizione solo cinque pani e due pesci. Eppure, tutti ebbero da mangiare.

Impariamo a sperare, è un rischio da correre, ma non scegliamo una speranza qualsiasi, ma quella che si poggia nel Signore, e soprattutto guardiamoci e guardiamo attornocon occhi nuovi.

La Chiesa oggi ci invita a sollevare il capo, a guardare il cielo. L’Immacolata ci ricorda che c’è ancora bellezza e perciò speranza. Lei ne è la prova e la certezza. Oggi ammirandoLa dovrebbe essere più facile pensare che se Dio non spreca le sue meraviglie, neppure noi possiamo farlo. Da sempre siamo nei sogni di Dio e Lui vuole che ci restiamo per sempre.

Facciamocome i naviganti di una volta: la mano al timone e gli occhi alle stelle. Lo sguardorivolto verso l’alto ci darà la forza di affrontare il mare anche se è notte. Guardaree amare il cielo è saper parlare di pace, di gioia, di ordine, di rispetto, dicoraggio e soprattutto di bellezza. Maria, la tutta bella, ci aiuta a capireche la fede non solo fa guardare il cielo ma ce lo fa conservare e trovare dentrodi noi. L’Immacolata ci assicura che il mondo è ancora pieno di colori, diprofumi, di cose che valgono; che il cuore si riempie di cielo quando sa goderedel volto di un bambino, dei fiori, delle forme delle nuvole, dell’eleganza diun albero, del calore del sole, di un sorriso, di una stretta di mano…  S. Francesco, appeso a un ramo d’albero a testa in giù, vedendo le cose sottosopra, disse: “Ora capisco che non è la terra a sostenere il cielo, ma è il cielo a sostenere la terra”.

L’Immacolata è il sigillo dell’ottimismo di Dio sull’umanità, è la sua firma sul progetto sempre valido di cieli nuovi e terra nuova, è il segno di quanto Egli stimi gli uomini e di come abbia bisogno di persone che intendono mettersi in gioco per portare a compimento la sua creazione. Anche a noi sono rivolte le parole della Bibbia: “Di gloria e d’onore l’hai coronato … L’hai fatto poco meno di un Dio”.  Chiudo con l’invito di S. Bernardo: Non distogliere lo sguardo da questa stella, Maria, se non vuoi essere travolto dalle tempeste. Se ti sentirai inghiottito dalla tristezza e dalla disperazione, pensa a Maria. Pregando Lei, non sarai disperato, pensando a Lei, non cadi in errore. Se Lei ti tiene, non cadrai; se Lei ti protegge, non avrai paura; se Lei ti guida, non ti stancherai; se Lei ti è propizia, giungerai alla meta!”.