Compagni di Nicola: Zingaretti punta sulla rete ex Pci

Nicola Zingaretti è un candidato alla segreteria Pd che viene da lontano: come il Partito della sua giovinezza. Il Pci. E infatti nei «lavori preparatori» della sua candidatura, i promotori più attivi sono stati proprio i compagni

Fabio MARTINI
per LA STAMPA
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Ai compagni più fidati che lo chiamavano in Puglia, da settimane Massimo D’ Alema ripeteva: «Il Pd subirà una dura sconfitta, Renzi sarà costretto a lasciare e noi dovremo dare una mano al Pd: Nicola può essere l’ uomo giusto».

 

Certo, l’ eventuale, imminente ritorno a casa di Pierluigi Bersani e Massimo D’ Alema – ponendo fine all’ esperienza di LeU e contribuendo all’ escalation di Nicola Zingaretti – sarebbe una notizia clamorosa. Ma restando in casa Pd il dato finora restato sotto traccia è un altro: oltre a D’ Alema, sono in tanti che da settimane disegnavano scenari e fomentavano Nicola Zingaretti, che ieri – calando le sue carte – è diventato di colpo il primo candidato «ufficiale» alla successione di Matteo Renzi.

Un candidato alla segreteria che viene da lontano: come il Partito della sua giovinezza. Il Pci. E infatti nei «lavori preparatori» della sua candidatura, i promotori più attivi del loro amico Nicola sono stati proprio i compagni che un tempo avevano militato nel Pci e successivamente nei Ds: oltre a Massimo D’ Alema, il ministro Andrea Orlando, Ugo Sposetti (il «custode» del patrimonio materiale e immateriale del Pci), Gianni Cuperlo. E con un passo indietro anche tanti compagni che nel passato sono stati vicinissimi al governatore del Lazio: il presidente della Regione Emilia Stefano Bonaccini, il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, il vicesegretario del Pd Maurizio Martina. Per non parlare del «partito romano», che ha ancora in Goffredo Bettini un punto di riferimento. Molti di loro hanno conosciuto Nicola, quando lui era segretario della Sinistra giovanile (l’ erede della Fgci) che Zingaretti ha guidato dal 1992 al 1995 dopo che il timone era stato tenuto da Gianni Cuperlo.

Una «rete» di compagni che – carsicamente e a intermittenza – è rimasta sempre attiva. E in campagna elettorale il governatore si è «disimpegnato» dal Pd, evitando di appoggiare i candidati nei collegi e scommettendo – come ha confessato agli amici – sulla forbice: a Roma Zingaretti su e Partito giù. E proprio questa strategia preparatoria ha consentito al governatore del Lazio un tempismo che i suoi vecchi amici mai avrebbero immaginato: auto-candidarsi in vista della elezioni del nuovo leder del Pd. In una intervista a “Repubblica“, Zingaretti ha esplicitamente fatto capire di essere disponibile. Segnalando una tempestività inattesa per un uomo conosciuto nel Partito per altre virtù, esattamente capovolte. A Roma lo chiamano «er saponetta», per via di quella sua attitudine a scivolare sulle difficoltà e anche per quella vocazione a rinviare le decisioni più impegnative.

Ma stavolta Nicola ha spiazzato tutti. Anzitutto perché ha anticipato sul tempo possibili competitori (in primis Graziano Delrio), ma anche perché Zingaretti si presenta con un profilo «giusto» per un Pd che ha perso voti a sinistra. Zingaretti è riuscito a vincere le recenti elezioni Regionali del Lazio grazie alla decisiva alleanza con LeU. E ora nel nuovo scenario regionale e nazionale si propone esplicitamente come l’ uomo del dialogo con i Cinque Stelle.

 

Sul voto che gli manca in Consiglio regionale per garantirsi la maggioranza, Zingaretti dice: «Credo che tutte le forze politiche, a cominciare dal M5s, non puntano e non vogliono puntare su schemi politici, ma scommettono sui contenuti. Apriamo un confronto molto aperto».

 

E sul governo nazionale: «Mi pare che i 5 stelle, in quella che io chiamo la loro istituzionalizzazione, abbiano capito che il vaffa non è un buon metodo di governo».

 

E nel giorno in cui si è candidato, Zingaretti ha rispolverato un repertorio nostalgico. Sostenendo che la vittoria in Regione è anche merito «di un progetto politico che nel Lazio ha unito tutta la sinistra. Abbiamo fatto l’ accordo con LeU, avevamo i sindaci, le liste civiche e i giovani. È un modello che rilancia lo spirito dell’ Ulivo. Ed è il modello che vorrei proporre a livello nazionale».